L'incidenza di povertà relativa nelle famiglie sarde risulta essere per il 2010 al 18,5%, con un intervallo di confidenza che oscilla tra un limite inferiore del 15,3% a un limite superiore del 21,7%. Nel 2009 l'incidenza della povertà relativa era al 21,4% con l'intervallo di confidenza al limite inferiore del 16,5% e del 26,4% al limite superiore.

La soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media pro-capite nel Paese. Nel 2010 questa spesa risultava pari a 992,46 euro mensili. Si tratta di dati a carattere campionario pubblicati dall'ISTAT.

Premesso che la realtà della povertà in Sardegna, quella assoluta e relativa, è ben più alta purtroppo di quella indicata nelle indagini campionarie con parametri a soglia convenzionale, questi dati confermano una realtà ancora preoccupante della nostra Isola, poiché attestano che circa 122.000 famiglie si trovano in condizione di povertà relativa. Erano 74.780 nel 2003 e 87.910 nel 2004. Poiché in una consistenza media delle famiglie pari a 2,5 unità significa che circa 305 mila persone soffrono di questo problema.

Anche nella rilevazione della povertà purtroppo c'è più di un lato nascosto che non è statisticamente e numericamente rilevabile. Basta leggere i dati sulle pensioni integrate al minimo e sul numero di disoccupati e su quanti usufruiscono degli ammortizzatori sociali, sul lavoro precario per renderci conto di quanto ben più alta sia la cifra della povertà assoluta e relativa in Sardegna.

Ecco perché si tratta di avviare un programma pluriennale di lotta alla povertà e per il lavoro, monitorando l'attuale spesa che, in gran parte, non sortisce gli effetti sperati.

Altro aspetto utile per capire qual è l'entità della povertà in Sardegna riguarda il tasso di disoccupazione.

Infatti, un tasso di disoccupazione, come media annuale 2009, al 13,3%, un incremento al 14,1% nel 2010, attestano la crisi profonda del lavoro in Sardegna, che riflette una situazione drammatica in tutti i comparti produttivi, dall'agricoltura all'industria.

La stessa disoccupazione giovanile, che non è attenuata significativamente neppure dal fenomeno dello scoraggiamento, viaggia sempre a livelli inaccettabili, il 38,8% nella fascia di età dai 15 ai 24 anni, il 12% nella fascia di età dai 25 anni e oltre. Si riduce il peso dei giovani disoccupati fino ai 24 anni solo per il costante calo demografico e per la dispersione fuori mercato e dall'assenza di rilevazione di questa fascia; aumenta invece il tasso di disoccupazione nella fascia 25 anni e oltre.

La Sardegna, dunque, affonda in una crisi economica e sociale senza precedenti, che necessita di nuove strategie e di un patto ampiamente condiviso, ma anche di segnali forti da parte della politica, sia per ridurne i costi sia per garantire un immediato confronto con tutte le parti sociali.

Serve anche una straordinaria seduta del Consiglio regionale per affrontare unitariamente un programma pluriennale di contrasto della crisi.

Sono queste le richieste che il sindacato sollecita in primo luogo alla Giunta regionale e alla sua maggioranza, e all'opposizione perché il malessere che pervade la Sardegna possa essere affrontato con strategie adeguate e tempestive e accelerando la spesa della Regione, ma anche avviando finalmente un confronto con lo Stato e l'Unione euro-pea.

Ecco perché la Sardegna necessita di una grande mobilitazione di tutte le energie sociali, civili ed economiche a tutela degli interessi generali e del bene comune. E' in questa direzione che è indispensabile muoversi per ridurre l'impatto della crisi economica, per rilanciare la crescita e il lavoro e per fermare i processi disgregatori che si avvalgono di scelte corporative e spesso qualunquistiche.

È indispensabile che tutte queste forze si riconoscano in un progetto partecipato e solidale per rafforzare la coesione sociale. Sul piano programmatico e degli obiettivi è necessario avviare le riforme istituzionali e sociali in grado di assicurare alla Sardegna una nuova stagione di progresso ed espansione di diritti di cittadinanza.

Si tratta di rinegoziare con lo Stato il patto costituzionale e di costruire sul lavoro le strategie necessarie a liberare e sviluppare le potenzialità e le speranze dei sardi. Nell'attuale situazione di drammatica crisi, la mobilitazione delle persone e delle coscienze è fondamentale per contrastare gli effetti devastanti di chi si arrende all'ineluttabilità delle difficoltà, di chi ripiega nelle lotte di corporazione, di quanti rifluiscono nell'anti politica, o di chi pensa che sia possibile fuoriuscire dalla recessione con politiche ordinarie. La marcia contro la povertà e per i diritti dei popoli del 4 settembre, lo sciopero generale annunciato da CGIL CISL UIL per l'autunno intendono, entrambi, mobilitare l'Isola per dare una speranza alle nuove generazioni e per assegnare maggiore forza alle ragioni di un nuovo patto costituzionale tra lo Stato e la Regione.

È questa la sfida per una Sardegna civile e del lavoro, che necessita però di istituzioni sarde più forti ed efficaci.

Norbello, 4 settembre 2011