di Mario Medde, dell'Associazione Carta di Zuri
Premessa. È in uno scenario di terribile crisi economica, sociale e istituzionale che, ancora una volta, ci interroghiamo e discutiamo sulle soluzioni utili a rinegoziare il patto costituzionale tra la Sardegna e l'Italia. La crisi del modello di rappresentanza politica e istituzionale pesa enormemente sull'efficacia della risposta da dare ai cittadini per contrastare le conseguenze della recessione e rimuoverne le cause. Mancano le strategie, non vengono individuate le priorità, imperano al contrario le politiche di austerità e i tagli allo stato sociale.
Le enormi difficoltà degli stati e delle stesse costituzioni (non solo quella italiana) di affermarsi adeguatamente rispetto anche ad alcuni primari diritti di cittadinanza (a esempio il diritto al lavoro e il diritto alle pari opportunità, di genere e territoriali), e in Sardegna l'esaurirsi delle opzioni che ci hanno guidato ben oltre sessanta anni, l'Autonomia e la Rinascita, portano a ritenere indispensabile e urgente un nuovo potere costituente che proponga il cambiamento delle istituzioni e l'affermazione concreta dei diritti dei popoli e delle persone.
In Sardegna questo nuovo potere è l'Assemblea costituente del popolo sardo, per approvare le scelte del nuovo autogoverno dell'Isola, per porre la questione dei poteri e delle risorse a ciò necessarie, per superare una storica tradizione di dipendenza della maggioranza delle leadership sarde, per non legare ancora una volta il destino dell'Isola a principi e feudatari, di antico o recente lignaggio.
Oggi discutiamo non solo della forma e dello strumento Costituente, ma anche dei contenuti e dei principi di riferimento valoriale della nuova Carta costituzionale della Sardegna. Uno dei più importanti riguarda il rapporto della Sardegna con gli altri popoli, in Italia e nel mondo.
1. La Sardegna convive fraternamente con i popoli dell'Italia ed è solidale con gli altri popoli del mondo. È un principio fondamentale per la nuova Carta costituzionale della Sardegna. Non è solo una pur importante dichiarazione d'intenti. È un'affermazione che presuppone il riconoscimento di sé come popolo e come comunità, e insieme il riconoscimento e rispetto dell'altro. È sulla reciprocità che si costruisce una comunità e si afferma anche una positiva e solidale relazione tra i popoli. È questo infatti il presupposto per praticare la solidarietà, che non è mera assistenza ma cooperazione per promuovere e affermare i diritti della persona, del cittadino e dei popoli. Già Aristotele nel capitolo v dell'Etica Nicomachea sosteneva che ciò che rende possibile una comunità è la teoria e la pratica della giustizia; non solo di quella distributiva e pareggiatrice, ma soprattutto della giustizia come reciprocità. Stanno qui le basi della civile e positiva convivenza, della fraternità, nella comunità e tra i popoli .La reciprocità è la condizione della giustizia perché presuppone il riconoscimento di sé e dell'altro all'insegna dell'equità.
2. Il diritto all'autogoverno, alle pari opportunità e all'eguaglianza, devono pertanto essere il fondamento della fraterna convivenza tra i popoli dell'Italia, ma anche della solidarietà con gli altri popoli del mondo. Il foedus, il patto federativo tra soggetti da ritenere paritari, in Italia e in Europa, è il modello politico-istituzionale attraverso il quale è possibile attuare una fruttuosa e positiva convivenza all'insegna del riconoscimento, della reciprocità, dell'equità e dell'eguaglianza. A esempio l'Europa dei popoli deve fare affidamento sulla valorizzazione delle specificità e delle culture, piuttosto che sulla volatilità dei mercati e sul potere delle banche, della finanza e del ceto burocratico europeo. Foedus, il patto, ha la stessa radice di fidere, avere fiducia, fare affidamento su qualcuno. Anche alla luce delle attuali dinamiche dell'economia e della politica internazionale, europea e italiana, viene piuttosto difficile pensare che i popoli senza stato, ma anche i semplici cittadini, possano avere fiducia e fare affidamento su qualcuno che non sia disposto a riconoscere, sostenere e attuare i principi dell'equità sul piano sociale e dell'autogoverno su quello politico-istituzionale.
3. La nuova Carta costituzionale della Sardegna necessita dunque di un foedus, che va negoziato con tutte queste caratteristiche e con i contenuti richiamati nei principi della "Carta di Zuri". In primo luogo i principi che così recitano: «Il popolo sardo ha diritto di darsi proprie istituzioni che consentano il benessere della propria terra e la piena valorizzazione del proprio patrimonio umano, storico, ambientale e paesaggistico». «Per le istituzioni del popolo sardo l'accesso alla sanità, all'istruzione e alla formazione, all'acqua, alla casa, alla sicurezza, sono diritti dei cittadini e non semplicemente dei servizi». «I sardi hanno costruito nel tempo una loro identità di popolo, anche attraverso l'apporto di altre culture. La Sardegna resta aperta a tutti i popoli, combatte ogni forma di prevaricazione e di razzismo, s'impegna ad accogliere , ospitare e tutelare chiunque rispetti le leggi». «La comunità dei sardi s'identifica con i diritti internazionalmente riconosciuti agli individui e ai popoli, sul versante soprattutto delle libertà, dello sviluppo economico e sociale e dei diritti attinenti al lavoro, alla salute e alla istruzione. La comunità dei sardi li promuove attraverso la formazione dei suoi cittadini, il funzionamento delle sue istituzioni, il rispetto delle leggi, l'attuazione dei principi di solidarietà e sussidiarietà e, nelle relazioni con gli altri, sulla base del mutuo rispetto e della pace tra i popoli».
4. Questi principi stanno alla base della buona politica, del bene comune e della concreta affermazione dell'idea di solidarietà, non solo tra le persone, ma anche tra i popoli. Alla base di una convivenza fraterna con gli altri popoli dell'Italia, e della solidarietà con gli altri popoli del mondo, sta l'impegno prioritario dei sardi per un'Isola improntata alla giustizia sociale e alla libertà, da realizzarsi attraverso la partecipazione e l'attuazione del principio di sussidiarietà. Una sussidiarietà orizzontale dove prevalgano in egual misura le opportunità per le persone, e una verticale dove tutti i territori dell'Isola possano ambire e concretizzare un'eguale dignità, ruolo e rappresentanza, e dove tutti possano abitare e vivere con uguali condizioni di abitabilità e vivibilità.
5. Proprio per questo, il lavoro è condizione primaria dello sviluppo e dell'incremento della ricchezza collettiva e della capacità della Sardegna di proporsi in termini concreti, progettuali e solidaristici nella positiva cooperazione allo sviluppo, prima di tutto nel Mediterraneo, in Europa e nel mondo. Ma oltre questo aspetto, si pone con forza il problema dei rapporti internazionali della Sardegna, cioè del "potere estero" della Regione, oltre il dettato dell'art. 52 dello Statuto speciale e in sintonia con il nuovo art. 117 della Costituzione. Quindi interventi di cooperazione e solidarietà, ma all'interno di un nuovo e più avanzato ruolo della Sardegna sia all'attività della UE, sia in un quadro normativo e costituzionalizzato di maggiori poteri nei rapporti internazionali, riducendo notevolmente gli attuali vincoli e passaggi previsti dalle attuali leggi.
6. Certo, parlare oggi di fraternità, solidarietà, diritti, autogoverno, sovranità, federalismo, in Sardegna, in Italia e in Europa, come progetto politico e di governo, non è cosa facile, dato il liberismo imperante e il ruolo del mercato come fosse categoria dello spirito; si assiste infatti al trionfo dell'immediatezza e al declino dell'umanesimo, se mai ha avuto modo di affermarsi! Circa ventidue anni fa, padre Ernesto Balducci, lui sì profeta, scriveva nel saggio Le terre del tramonto: «Sulla polvere dei profeti passeggiano i ragionieri. Le coscienze sono sempre più prigioniere di un presente che si è svincolato dal passato e dal futuro, ripiegate su se stesse, in preda a una soggettività senza destinazioni universali. In questo senso la storia è davvero finita. Il sogno si è spento». Il riferimento è al tramonto di un'epoca, di cui ancora oggi leggiamo i titoli di coda, mentre le nuove dinamiche economiche, politiche e sociali, appaiono ben lungi dal determinare un assestamento dei nuovi equilibri. Gli involucri della vecchia rappresentanza, partiti e stato, si sono consumati o trasformati; ma appaiono del tutto incapaci di governare e dare risposte non solo ai problemi "assoluti" (democrazia e partecipazione, libertà e autodeterminazione, rapporto cultura-natura), ma anche alla domanda di più adeguate opportunità lavorative e di una più equa redistribuzione del reddito, presupposto fondamentale per promuovere le condizioni di una maggiore produzione della ricchezza collettiva.
7. Le vecchie categorie della modernità sono coperte da cumuli di terra e cemento. Non tramonta però l'idea di un nuovo cosmopolitismo, e in esso di una Europa democratica e dei popoli, dove anche la nostra comunità possa esprimersi in piena libertà, senza soggiacere ad alcun vincolo che possa limitare l'idea e pratica dell'autogoverno.
8. Per la Sardegna si tratta dunque di rafforzare un'identità aperta al mondo, di valorizzare le competenze e le capacità dei sardi, di eliminare l'enorme spreco di capitale sociale e lo scandalo delle migliaia e migliaia di giovani che non trovano lavoro e che vivono in precarietà, di affermare i diritti di cittadinanza.
9. Ma non è semplicemente un problema di disponibilità di risorse finanziarie, di compatibilità economiche, di calcoli ragionieristici. Il nostro presente e futuro è strettamente legato alla passione e alle ragioni che sapremo mettere in campo per essere veramente liberi.
10. In questa direzione, alla luce anche della crisi senza precedenti della rappresentanza politica, delle stesse istituzioni dell'autonomia regionale, dell'attacco alla specialità che viene da più parti, di un Consiglio regionale in difficoltà per le note vicende giudiziarie, l'Assemblea costituente del popolo sardo può avviare un processo condiviso di reale cambiamento nelle istituzioni, nell'economia e nei rapporti con lo Stato. Statuto e legge statutaria sono dunque inscindibili perché trattano di come noi vogliamo essere, con quali poteri, risorse e con quale organizzazione l'autogoverno vuole esprimersi per una società di giustizia sociale e libertà.
11. Già nel 1748, Montesquieu, uno dei padri della moderna democrazia e della lotta alle diseguaglianze, affermava: «I Paesi non sono coltivati in ragione della loro fertilità, ma della loro libertà» e «l'opulenza segue sempre la libertà».
12. Anche per noi, per il "sogno dei sardi", per l'autogoverno e la moderna sovranità, vale il richiamo di E. Balducci sulle risorse creative della storia. La novità è affidata alle viscere della necessità. Che sui passaggi intermedi della sua nascita vi sia buio non deve fare meraviglia. Come scrisse Ernst Bloch «ai piedi del faro non c'è luce».
Appunti per l'intervento al seminario-convegno "La Sardegna verso la sua nuova costituzione"
Cagliari, Sala del Palazzo Regio, Piazza Palazzo, Lunedì 9 giugno 2014.