di Mario Medde
I dati dell’ultimo trimestre del 2017, pubblicati dall’ISTAT, attestano una situazione ancora molto preoccupante della disoccupazione in Sardegna. Una percentuale intorno al 17% che evidenzia una sorta di cronicizzazione di questo fenomeno negativo. A ciò si aggiunga la disoccupazione giovanile, oltre il 40%, e la dispersione scolastica, al 18,1%, che vede la Sardegna al secondo posto tra tutte le regioni italiane. La stessa produzione di ricchezza nell’Isola, nonostante una leggera crescita dopo anni di recessione, è ben al di sotto della tendenza nazionale e soprattutto al disotto del 70% della media europea; ancora di più rispetto alle necessità reali della Sardegna. Infatti, come attestano OCSE, BankItalia, Eurostat, aumentano le povertà e le diseguaglianze in Italia e in Sardegna; quest’ultima si trova infatti ,come indice di povertà, al 212 posto su 276 regioni dell’Europa.
L’impegno politico e istituzionale deve dunque essere rivolto certamente alla generalità dei problemi che affliggono l’Isola, ma in primo luogo a quelli del lavoro, dello sviluppo e alla lotta alle povertà.
Soprattutto lungo alcune direzioni di marcia:
1) Il riequilibrio tra politiche attive e passive del lavoro, rafforzando la formazione e i servizi per l’impiego. Un problema da affrontare e molto bene documentato da alcuni dati nazionali (fonte Osservatorio statistico consulenti del lavoro su dati Eurostat). Il 74% va alle politiche passive, il 13% agli incentivi alle assunzioni, l’11 % alle politiche rivolte ai soggetti svantaggiati e il 2% ai servizi per l’inserimento nel mercato del lavoro. In Sardegna si tratta di effettuare un monitoraggio per orientare meglio programmazione e spesa, distinguendo tra fondi statali, regionali ed europei (i fondi strutturali, in questo caso il FSE, Fondo Sociale Europeo, hanno un vincolo di destinazione per Asse) e considerando che le competenze primarie per le politiche passive le ha lo Stato.
2) Una forte spinta della Giunta regionale e degli Enti Locali per “cantierare” tutti gli strumenti della programmazione territoriale, dell’Agenda urbana, della strategia nazionale per le aree interne, del Piano Sulcis e del Piano per il rilancio del Nuorese.
Gli strumenti della programmazione territoriale possono produrre importanti effetti positivi sulla crescita economica e sull’aumento dell’occupazione. Sono interessate tutte le aree dell’Isola e sono disponibili ingenti risorse finanziarie, come si evince dalla tabella che segue. È urgente però accelerare l’attuazione di questi strumenti, garantendo anche il coinvolgimento delle parti sociali.
3) L’avvio, entro un mese, del programma “LAVORAS” di cui all’articolo 2 della legge regionale di stabilità della Regione per il 2018, ripristinando le quantità e le misure discusse con le parti sociali. Si è di fronte a un impegno finanziario di 127 milioni di euro per il 2018 che, se spesi subito e bene, possono dare un forte impulso allo sviluppo e al lavoro. Ferma restando appunto l’esigenza di rafforzare le politiche attive e la formazione per garantire una proiezione futura ai giovani e ai disoccupati.
4) L’accelerazione della spendita dei Fondi strutturali europei, che intervengono per promuovere sviluppo, lavoro, formazione e inclusione sociale, rispettando così i tempi di attuazione dei programmi, che non sono una variabile indipendente per l’acquisizione di adeguati livelli di sviluppo dell’Isola. Si è ormai al terzo anno, sui sette anni previsti e con un ritardo di due anni, della programmazione del Fondo Sociale Europeo e la gran parte della dotazione finanziaria, 432.521.600 milioni di euro, è ancora da impegnare e da spendere.
5)La lotta alle povertà effettuando un monitoraggio e un conseguente rafforzamento degli interventi previsti dalla legge regionale 2 agosto 2016 n. 18 (reddito di inclusione sociale). Il fabbisogno dichiarato dai comuni, sulla base dei vincoli introdotti dalla normativa,si aggira intorno ai 66.787 milioni di euro, a fronte di uno stanziamento di 45 milioni di euro per il 2018. Da sottolineare anche la quota di 30 milioni di euro in capo reddito d’inclusione nazionale (REI) che può integrare quello regionale. Si tratta però di rafforzare il principio di condizionalità per lo sbocco lavorativo e di inserire, laddove necessario e possibile, l’attività di orientamento e formazione per acquisire eventuali nuove competenze, ma anche di ampliare la platea degli utenti rivedendo parametri necessari per accedere alla provvidenza di legge che interessano anziani, over 50, ma disoccupati di lunga durata con competenze e qualifiche non adeguate.
Nell’ultimo anno di legislatura regionale è possibile e necessario dunque dare un forte segnale di capacità programmatica e soprattutto attuativa per fronteggiare le emergenze del lavoro , della povertà, e per rafforzare i timidi segnali di ripresa economica.
Si tratta, come già detto, di accelerare l’attuazione di questi strumenti nella gran parte dei territori interessati e di effettuare un monitoraggio sullo stato dell’opera coinvolgendo anche le parti sociali. Nell’ultimo anno di questa legislatura regionale è possibile e indispensabile dunque dare un forte segnale di capacità programmatica e attuativa sui problemi appena richiamati per fronteggiare le emergenze del lavoro e per rafforzare i timidi segnali di ripresa economica.