di Mario Medde

Memorandum per un confronto tra Regione e Parti Sociali sui Documenti della programmazione unitaria, sulla manovra finanziaria e di bilancio e sulla utilità di nuovi Istituti della partecipazione sociale e produttiva.

1. Documenti di riferimento

Una premessa necessaria. I documenti della programmazione regionale economica e finanziaria, gli atti e le azioni operative, gli impegni in sede di relazioni sindacali e industriali con le rappresentanze datoriali e delle intraprese, sono l’ambito fondamentale dell’iniziativa sindacale sui temi generali e specifici dello sviluppo e del lavoro in Sardegna. L’azione sindacale è caratterizzata da analisi sullo stato dei problemi e da proposte per ottenere un riscontro pattizio in sede di confronto, nei documenti programmatori, negli atti legislativi e attuativi. In questa direzione evidenziare i problemi e le criticità, denunciarne pubblicamente i ritardi e le inadempienze non è talvolta sufficiente. Diventano allora importanti gli strumenti dell’azione sindacale: la mobilitazione, le pacifiche e legali proteste, lo sciopero.

La manovra finanziaria e di bilancio è composta dalla legge di stabilità, dalla legge di bilancio, dal bilancio finanziario gestionale, dal documento tecnico di accompagnamento. Ancora prima, viene approvato il DEFR (il Documento di Economia e Finanza Regionale) che aggiorna annualmente il Programma regionale di sviluppo che ha durata quinquennale. Il Programma regionale di sviluppo è stato introdotto dalla L.R. n.11 del 2006, ed è il documento fondamentale della programmazione regionale. Definisce le strategie, le linee progettuali, gli obiettivi e i risultati che la Regione intende perseguire nei diversi settori del sistema economico e sociale. Entro 180 giorni dall’avvio della legislatura viene presentato al Consiglio regionale per la sua approvazione. Recepisce il principio del ciclo unico di programmazione, con un unico orizzonte temporale all’interno del quale la Regione può programmare con coerenza e in un’ottica di lungo periodo le risorse disponibili provenienti dalle diverse fonti di finanziamento.

Elenco dei documenti

  • Il Programma regionale di sviluppo 2025-2029
  • Il DEFR- Documento di Economia e Finanza Regionale 2025-2027 e Nota di aggiornamento
  • I Fondi strutturali comunitari 2021-2027
  • Il Fondo di sviluppo e coesione in fase attuazione 2000-2020. Definita la quota di risorse 21-27
  • La legge di stabilità 2025
  • La legge di bilancio 2025
  • I collegati alla manovra finanziaria
  • Il piano degli indicatori di bilancio
  • Gli assestamenti di bilancio
  • PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza in attuazione NGEU)
  • Fondo Sviluppo Coesione (Accordo di Coesione Sardegna 2024)

Il bilancio e la legge di stabilità sono i documenti che sostanziano la manovra finanziaria e di bilancio della Regione Sardegna. Il bilancio è la proiezione contabile delle norme vigenti. La legge di stabilità opera invece per ricondurre gli andamenti tendenziali a quelli fissati dai documenti programmatici, in primo luogo il DEFR e la relativa Nota di aggiornamento (entro il 15 novembre di ogni anno). La legge di stabilità contiene quindi norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio di previsione. Gli obiettivi da raggiungere sono quelli evidenziati dal Programma regionale e pluriennale di sviluppo.

Il Programma regionale di sviluppo (2020-2024, e quindi da riscrivere e approvare per le annualità 2025-2029) si basa sul concetto di identità sarda e si sostanzia di 7 strategie: identità politica, identità economica, identità territoriale, ambientale e turistica, identità sociale del lavoro e della salute, identità culturale, identità rurale, identità della insularità.

Il DEFR valuta lo stato dell’arte e individua per ciascuna le prospettive del triennio 2024-2026. Con la manovra finanziaria e di bilancio, che si doveva approvare entro il 31 dicembre 2024, si dovrà però prima predisporre e approvare il nuovo DEFR 2025-2027. A seguito di questo ritardo si è ora in esercizio provvisorio, con quel che negativamente significa in termini di spesa e di utilizzo delle risorse per lo sviluppo e il lavoro.

Sulla manovra finanziaria e di bilancio il confronto con la Giunta regionale prima dell’approvazione è da anni però del tutto inesistente, salvo qualche riunione con l’Assessore alla Programmazione, e altrettanto dopo la sua approvazione e prima del passaggio alla competente Commissione. Da ricordare, al contrario, una tradizione pluridecennale di confronto tra il Sindacato e la Giunta regionale, anche con accordi specifici che trovavano riscontro nei documenti della manovra finanziaria e di bilancio.

Sul merito degli attuali documenti, ormai superati e in attesa che la Giunta regionale insediatasi a marzo 2024 approvi i nuovi (Programma di sviluppo e DEFR), c’è da evidenziare una declinazione degli obiettivi, attraverso le 7 strategie, che appare propagandistica e per nulla connessa con la realtà dei problemi. Come ad esempio l’identità del lavoro, che non viene esplicitata nel suo significato e risulta riduttiva negli obiettivi da raggiungere. Altrettanto deludenti sono le altre strategie, in particolare l’identità della sanità, quella sociale e della insularità. È sufficiente infatti valutarne la portata osservando la crisi e le carenze del sistema della medicina territoriale, della prevenzione e cura, delle liste d’attesa, dell’assenza in tante comunità dei medici di famiglia, l’aumento delle povertà relative e assolute, il mancato monitoraggio dell’efficacia della spesa.

Da verificare ora con la nuova Giunta regionale, insediatasi, come già evidenziato, da circa 10 mesi a seguito delle elezioni del mese di febbraio 2024, quali saranno i contenuti e le proposte che sostanzieranno il nuovo Piano regionale di sviluppo, il DEFR e la manovra finanziaria e di bilancio, ivi compresa la legge di stabilità per il 2025. Da sottolineare che si è già in esercizio provvisorio.

È soprattutto con questi documenti che vengono infatti stabilite le strategie e gli interventi della Regione Sardegna e, a cascata, delle altre istituzioni locali.

Dunque, l’azione sindacale, oltre al versante aziendale-posto di lavoro, ha come ambito fondamentale di intervento il rapporto con la Regione Sardegna e il confronto su tutti i documenti della programmazione unitaria dello sviluppo e del lavoro. Oltre ovviamente al confronto con il Governo nazionale per quanto di sua competenza e in riferimento ai problemi dell’Isola.

È in queste sedi che si può infatti incidere positivamente sulla soluzione dei problemi dello sviluppo e del lavoro nell’Isola e nel contempo valutare l’efficienza e l’efficacia dei decisori politici e istituzionali, e insieme i risultati della stessa azione sindacale.

Quest’ultima, insieme alla disamina dei problemi e delle specifiche criticità di settore e territoriali, deve valutare lo stato di attuazione delle politiche regionali e nazionali, e mettere in campo le iniziative utili a un confronto sui documenti e sulle misure della programmazione unitaria dello sviluppo e del lavoro e sulle proposte da presentare ai lavoratori e alla pubblica opinione, oltre che ovviamente alla Regione e al Governo nazionale per quanto di sua competenza.

In questa direzione, se è vero che Regione Sardegna dispone oggi e in generale di ingenti risorse finanziarie è altrettanto innegabile che le risorse di fonte regionale siano del tutto insufficienti, e che storicamente è irrisolto il problema dell’autonomia finanziaria della Regione.

2. L’autonomia finanziaria della Regione obiettivo fondamentale per lo sviluppo e il lavoro

Da tempo pesa come un macigno sulla manovra finanziaria e di bilancio l’assenza di una reale autonomia finanziaria della Regione e le poche risorse disponibili, oltre quelle vincolate a diverso titolo. Se infatti è vero che con gli accordi tra Regione e Stato del 2019 e del 2021 si è considerata chiusa la vertenza sulle entrate promossa dalla Regione, e che in materia di finanza pubblica vengono ridotti i contributi a carico dell’Isola a partire dal 2022, è altrettanto vero che si tratta di verificare i risultati concreti del consenso registrato sull’inserimento in Costituzione dello status di insularità, e che rimane comunque in piedi la storica richiesta di rivedere le norme dello Statuto speciale circa le quote di compartecipazione sul gettito dei tributi erariali, che ad esempio per la Sicilia è interamente attribuito alla Regione, a eccezione delle accise e dei proventi del monopolio del tabacco e del lotto.

Le entrate non sono certo tutto nel governo di una Regione come la nostra, ma è vero che l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa, richiamata anche dall’articolo 119 della Costituzione, come rivisto dalla Legge Costituzionale n. 3/2001, pur nelle compatibilità previste dallo Stato, non può essere un richiamo solo formale e nominale; ma deve corrispondere a una reale autonomia anche sul versante tributario che renderebbe più praticabili gli obiettivi dello sviluppo, di una maggiore produzione di ricchezza e di una sua più equa distribuzione.

Sulla poca manovrabilità dei fondi regionali nel bilancio incide inoltre pesantemente l’accordo con il Governo nazionale che a suo tempo trasferì alla Regione i costi della sanità e del trasporto pubblico locale in cambio di maggiori entrate su IRPEF e IVA, come a dire che gli svantaggi dei cittadini sardi dovevano essere pagati dai cittadini sardi senza neppure avere i poteri indispensabili a regolare il mercato della continuità territoriale e il diritto di godere del principio di uguaglianza e di pari opportunità sulle prestazioni sanitarie.

Ragionare dunque in termini di compatibilità finanziarie significa occultare queste ed altre ragioni che obbligano invece a una radicale inversione di strategia per consentire ai cittadini sardi di vedere concretizzata l’idea costituzionalmente riconosciuta dell’autonomia e della specialità e nel contempo delle pari opportunità, attraverso una nuova negoziazione Regione-Stato.

A tal fine, la Regione e gli Enti Locali territoriali possono inoltre maggiormente contribuire al miglioramento dei servizi della Pubblica Amministrazione attraverso l’ammodernamento delle sue strutture, la digitalizzazione, la semplificazione delle procedure e la vicinanza alle necessità dei cittadini.

Dall’avvio della specialità autonomistica molta strada si è percorsa, e certamente si è compiuta la prima modernizzazione della Sardegna, ma i problemi più rilevanti che hanno storicamente caratterizzato la questione sarda sono ancora all’ordine del giorno del dibattito politico, istituzionale sociale, e oggi attendono soluzioni diverse e in linea con le dinamiche di questi tempi.

Ciò che la Sardegna chiede allo Stato è soprattutto pari opportunità, rispetto alle altre regioni del Paese, e dunque l’affermazione e pratica del principio di giustizia. Non mera solidarietà, ma vera giustizia. Una comunità nazionale è tale se si costruisce sulla reciprocità e su positive relazioni interistituzionali tra le diverse aree dell’Italia. Quindi cooperazione e reciprocità per promuovere e affermare i diritti della persona e dei cittadini. Sono queste le condizioni della giustizia perché presuppongono il riconoscimento di sé e dell’altro (in questo caso la Regione Sardegna e lo Stato) all’insegna della equità. Le vicende storicamente aperte, lo ripetiamo ancora una volta, dei costi della insularità, dell’energia, della continuità territoriale e dei trasporti, degli inadeguati livelli di infrastrutturazione materiale e immateriale, per quanto di competenza dello Stato, attestano il diritto della Sardegna alle pari opportunità e alla uguaglianza con gli altri territori e regioni del Paese.

3. Le fonti di finanziamento della UE e dello Stato per le politiche dello sviluppo e lavoro

Mentre, come già scritto, la manovrabilità nel bilancio delle risorse RAS è ben poca, la disponibilità invece delle risorse finanziarie provenienti soprattutto dalla UE non ha riscontro, nella loro consistente dimensione, rispetto al passato. Le fonti di finanziamento cui attinge la Regione riguardano i fondi strutturali europei per le annualità 2021-2027, il Fondo per la transizione giusta, il REACT EU, e il Fondo per la Ripresa e la Resilienza (alla Sardegna circa 4.000,69 milioni di Euro) di cui al Recovery Fund, in aggiunta ai fondi più propriamente regionali e a quelli provenienti dallo Stato (soprattutto il Fondo di Sviluppo e Coesione attraverso l’Accordo Governo nazionale e Giunta regionale).

Definite le procedure previste dalle diverse fonti di finanziamento, la Sardegna ha dunque a sua disposizione una notevole quantità di risorse finanziarie da investire per lo sviluppo, il lavoro e la sicurezza della salute dei cittadini. Si registra però un notevole ritardo in fase di attuazione dei programmi di investimento.

La Regione ha predisposto una programmazione degli interventi sulla base delle procedure richieste dagli Organismi di cui alle diverse fonti finanziarie. È qui utile citare alcuni riferimenti strategici fondamentali per avviare in Sardegna un nuovo modello di sviluppo. A iniziare dall’Agenda ONU 2030, che si propone di sradicare la povertà e raggiungere lo sviluppo sostenibile nel mondo entro il 2030. Ancora più cogente il Documento della Commissione europea Verso un’Europa più resiliente, sostenibile ed equa e il programma Next Generation EU. Quest’ultimo prevede un insieme coordinato di iniziative, il più importante dei quali è il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, sulla base del quale gli Stati nazionali hanno predisposto il Piano Nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR).

Il PNRR ha messo in campo quattro sfide strategiche e sei missioni. Le prime sono: 1) Migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell’Italia; 2) ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica; 3) sostenere la transizione verde e digitale; 4) innalzare il potenziale di crescita dell’economia e la creazione di occupazione. Le sei missioni invece sono: 1) Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; 2) rivoluzione verde e transizione ecologica; 3) infrastrutturazione per la mobilità; 4) istruzione, formazione, ricerca e cultura; 5) equità sociale, di genere e territoriale; 6) salute.

Il vincolo di programmazione e spesa delle diverse strategie è quello di garantire unitarietà e complementarietà. L’opportunità è data anche dalla nuova fase della politica di coesione europea, dall’avvio della programmazione della strategia regionale di sviluppo sostenibile, dalla programmazione del PNRR e dall’Accordo di coesione attraverso l’intesa Governo nazionale e Giunta regionale, sottoscritto a dicembre 2024, per un importo riguardante in totale 2,5 mld di euro, di cui 0,2 di anticipazioni e 2,3 di assegnazioni ordinarie.

Sul PNRR il ritardo attuativo anche in Sardegna è notevole, e del tutto assente il confronto con le parti sociali ed economiche sulle scelte effettuate dalla Regione e sullo stesso stato di attuazione.

In questa direzione dovevano essere fondamentali i soggetti di governo delle strategie, degli interventi e delle procedure, la eliminazione delle duplicazioni, la riduzione al minimo dei passaggi burocratici, la partecipazione delle parti sociali, la coerenza tra programmazione degli obiettivi e la loro attuazione, la rapidità esecutiva e di spesa. Priorità che invece non fanno in questa fase parte del governo delle politiche pubbliche e dello sviluppo nell’Isola.

Due aspetti fondamentali, e decisivi ai fini di un positivo risultato di una programmazione unitaria, e non di un’altra storica delusione, sono la coerenza con le strategie più generali; qui però c’è fortunatamente il vincolo del trasferimento delle risorse, ma ancora di più è fondamentale la capacità di inserire nelle strategie e nelle azioni le attuali criticità sociali, economiche, del lavoro e sanitarie che pesano sul ritardo dell’Isola.

Non si tratta di eccellere in una sorta di ingegneria programmatoria, ma di partire dai reali bisogni delle persone, dei territori e dai problemi insoluti dell’Isola. Bisogna cioè verificare se quanto si sta approntando è coerente non solo con le strategie europee e dell’ONU, ma anche con le domande che provengono dai cittadini, dalle imprese e dai più generali bisogni della Sardegna. La coerenza con questi obiettivi va ricercata lungo tutta la filiera: strategie, obiettivi, macroazioni, azioni.

È utile richiamare, anche se solo per titoli, quali sono a nostro parere le criticità che vanno affrontate, e di cui bisogna trovare riscontro negli interventi per rimuoverle:

  • inadeguatezza del sistema sanitario
  • diseconomie dell’insularità, che incidono all’interno e all’esterno del processo produttivo;
  • denatalità e spopolamento delle aree interne e dei comuni minori;
  • aumento degli inattivi e della disoccupazione giovanile e femminile;
  • imprese sottocapitalizzate;
  • configurazione giuridica delle imprese non adeguate al mercato dei capitali;
  • povertà educativa e deficit formativo e della istruzione;
  • notevole dispersione scolastica;
  • scarsa incidenza della ricerca pura e applicata con la realtà produttiva;
  • poca innovazione di processo e di prodotto da parte delle imprese;
  • carenza dei trasporti e difficoltà nella mobilità interna ed esterna.

Questi titoli devono ovviamente essere trattati in un documento articolato per argomenti attinenti allo sviluppo e al lavoro nell’Isola; un riferimento strategico in attesa di una specifica valutazione del DDL della Giunta regionale riguardante la Legge di stabilità e gli altri documenti della programmazione unitaria.

4. Utilità di un confronto costante con le Parti sociali e l’avvio di nuovi Istituti della partecipazione.

Sui diversi problemi richiamati per titoli è urgente e indispensabile che la Regione coinvolga le parti sociali, sia confrontandosi sui documenti programmatori e finanziari, anche in fase di attuazione delle azioni che li rendono operativi, sia sulle emergenze produttive e del lavoro.

Altrettanto rilevante, ai fini di uno sviluppo economico e sociale condiviso, considerato che anche le maggioranze più forti da sole non riescono ad essere efficienti ed efficaci, è l’apporto di istituzioni che diano vita a una dimensione partecipativa e inclusiva delle rappresentanze sociali e produttive. In questa direzione si tratta di recuperare gli errori del passato che, con una visione esclusiva e monopolistica della rappresentanza e delle istituzioni, ha condotto i partiti e il Consiglio regionale a cassare il Comitato regionale della Programmazione e, molti anni dopo, il Consiglio regionale della Economia e del Lavoro; quest’ultimo eliminato perché inserito nel 2014 tra gli Enti inutili e improduttivi. Da evidenziare che è mancata una seria analisi del problema, giacché si trattava di dare al CREL la necessaria autonomia organizzativa e il minimo delle risorse necessarie a un suo adeguato funzionamento, migliorando quindi la legge istitutiva e non abrogandola.

La proposta è dunque quella di rafforzare la funzione dell’Ente Regione con il Comitato regionale della Programmazione e con il Crel, insieme al potenziamento dell’Osservatorio regionale sulle povertà (con la partecipazione delle più rappresentative organizzazioni sindacali e del volontariato), quali appunto nuove istituzioni della partecipazione del sociale alla vita e alle scelte sui temi dello sviluppo e del lavoro nell’Isola. Da considerare che, per quanto riguarda i Fondi strutturali europei, la UE ha di fatto imposto, in sede di programmazione delle risorse dei Fondi, i Comitati di sorveglianza che prevedono la presenza delle parti sociali e produttive.