di Mario Medde

La questione morale è alla quotidiana attenzione dell'opinione pubblica come conseguenza delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto la grande maggioranza dei consiglieri regionali della Sardegna.
Siamo certo di fronte a un problema di enorme dimensione etica, e che riguarda le persone oggetto di indagine da parte della magistratura, ma anche a una drammatica manifestazione di crisi della massima istituzione dell'autonomia così come l'abbiamo conosciuta e praticata.

La questione morale è speculare alla crisi istituzionale, al totale logoramento del patto sociale, politico e culturale che diede sostanza e forza alla lunga stagione autonomistica nell'Isola.
È vero, c'è nel mondo e in Europa una crisi delle democrazie, per l'inefficacia nel contrastare gli oligopoli finanziari, per l'incapacità di governare le crisi, per la diffusa corruzione della rappresentanza politica nelle istituzioni, per la sempre più ridotta partecipazione alle consultazioni elettorali, per la perdita del "potere di agenda" degli stati e delle principali caratteristiche della sovranità.
Ma non sono certo queste difficoltà che caratterizzano l'idea, cui abbiamo talvolta fatto riferimento in positivo, della "fatica della democrazia"; questa noi la intendiamo come paziente impegno quotidiano nella complessità del processo democratico e nella formazione della volontà collettiva, e come si riesce a farla pesare e incidere nelle dinamiche economiche, sociali e istituzionali europee e internazionali.

Non si è di fronte a questioni di tipo procedurale, ma a istituzioni che sempre di più fanno fatica a soddisfare i principi e le aspettative di giustizia sociale e di vera libertà.
In Sardegna c'è tutto questo, e insieme l'urgenza inderogabile di un nuovo patto dei sardi, che si faccia carico della crisi irreversibile delle stagioni dell'autonomia e della rinascita, e che porti a un nuovo modello di democrazia e rappresentanza, e a istituzioni in grado di confrontarsi con la complessità della globalizzazione e con la domanda di sviluppo e lavoro dei cittadini.
L'attenzione dell'opinione pubblica, dei mass media e in primo luogo della rappresentanza politica non è sufficientemente rivolta a queste necessità, che così tanto e decisamente influenzano le soluzioni ai problemi del lavoro e della crescita economia e sociale nell'Isola.
Al contrario, il rinnovamento delle istituzioni viene letto come un'emergenza connessa al deficit della spesa pubblica e non, invece, come la priorità di una fase costituente che deve decidere sul nuovo modello di partecipazione e di democrazia, e dunque sulle caratteristiche dell'autogoverno e moderna sovranità.
Si tratta di un passaggio ineludibile per dare risposte efficaci e durature a molti dei problemi ancora insoluti, e tali certamente per le note difficoltà dello scenario internazionale, ma soprattutto perché non rappresentati in nome, e come obiettivi fondamentali e diritti esclusivi, di un popolo che si autoriconosce attraverso le sue istituzioni.

Le istituzioni dell'autonomia sono oggi inadeguate e inservibili, logorate dalle dinamiche economiche e politiche europee e mondiali, ma anche da una mediocre rappresentanza e da un vuoto di strategia che ha limitato le stesse potenzialità dello Statuto (pur strutturalmente insufficiente e debole quale base di un adeguato e reale autogoverno).
L'appuntamento del 2014, con le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale, non assume, almeno per ora, le caratteristiche della fase costituente. È però urgente un profondo cambiamento delle istituzioni dell'autonomia, delle modalità di formazione della volontà collettiva, dei soggetti e delle sedi di governo, delle istanze di controllo, degli istituti di partecipazione alla programmazione dello sviluppo, della reale autonomia finanziaria della Sardegna.
È inoltre indispensabile un ripensamento della sovranità, il cui modello ottocentesco è oramai del tutto superato, nei fatti prima ancora che nella dottrina. Anche il riconoscimento dello stato di insularità passa attraverso una rinegoziazione con lo Stato e con l'Unione europea.
Le politiche territoriali e di settore, quelle più connesse a un concreto e profondo miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei sardi, a maggiori e migliori opportunità occupazionali, alla eliminazione o riduzione delle diseconomie esterne ai processi produttivi, alla valorizzazione e fruizione delle risorse materiali e culturali, saranno tanto più efficaci quanto più inscritte in quegli obiettivi strategici richiamati e tanto meno quando perseguite come meri obiettivi tecnici.

La questione morale assume rilevanza non meramente scandalistica se considerata parte fondamentale di scelte che incidono positivamente nella vita quotidiana delle persone e nella soluzione dei problemi da tempo irrisolti.
Accanto al comportamento della rappresentanza nella Pubblica amministrazione, la questione etica propone come suo aspetto fondamentale l'obiettivo della buona società in cui vivere. Il perseguimento dell'idea di giustizia è un aspetto prioritario, sia sul versante distributivo, della ricchezza cioè da produrre e da distribuire il più equamente possibile, sia sul versante contributivo, cioè delle opportunità che ciascuno deve avere e coltivare per lavorare e cooperare al raggiungimento del bene comune e alla valorizzazione di sé.
La Sardegna, però, propone oggi un'immagine di grande difficoltà, sembrando essere oramai con " le spalle al muro".

Per uscire da questa situazione bloccata, non più disponibili le opzioni che pure hanno portato alla prima modernizzazione dell'Isola negli anni dell'autonomia e della rinascita, non serve " il passo del montanaro", corto e su itinerari conosciuti e già percorsi, ma la riprogettazione del nostro cammino, coniugando ragione e passione, riconoscendoci come popolo in una Costituente per il cambiamento e l'autogoverno.