di Mario Medde
La CISL confederale ha promosso la proposta di legge di iniziativa popolare La partecipazione al lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori.
Come si legge nella relazione di presentazione, la Proposta di legge incarna i valori fondanti della CISL, la sua identità e la sua storia, rafforza e valorizza ulteriormente la partecipazione e la contrattazione e innova, potenziandole, le relazioni sindacali; può inoltre produrre effetti positivi sulla qualità del lavoro, sui livelli retributivi e nello stesso tempo migliorare la dimensione aziendale attraverso il contributo dei lavoratori.
La Relazione sulla Proposta di Legge documenta ed esplicita altresì i fondamenti costituzionali, evidenziando che è il lavoro che consente lo sviluppo economico e il progresso sociale e che tutti coloro che vi concorrono devono godere di diritti e osservare doveri utili a garantire che l’uno e l’altro vadano di pari passo. Da sottolineare inoltre che i Costituenti individuarono nella partecipazione dei lavoratori alle imprese un traguardo da raggiungere per il completamento della democrazia.
La Sardegna è fortemente interessata ai contenuti della Proposta di legge di iniziativa popolare, sia per la sua storia di sindacato partecipativo, sia per il contributo che possono dare alla modernizzazione del sistema delle imprese e a una più adeguata configurazione giuridica (rafforzando ad esempio il mercato dei capitali nell’Isola) e a un incremento della produttività e della stessa competitività.
La partecipazione alla vita delle imprese, non solo come forza lavoro ma anche come contributo di cooperazione nella fase di gestione, può rappresentare una notevole opportunità per le imprese che operano nell’Isola, sia quelle con configurazione giuridica di società di capitali, sia quelle con un numero di dipendenti al disotto delle 35 unità e con una forma giuridica diversa.
Lo sviluppo e la innovazione delle relazioni industriali e sindacali è una opportunità importante per migliorare e rafforzare il mercato dei capitali nell’Isola e lo stesso ammodernamento del sistema delle imprese (dunque della economia regionale), che presentano entrambi caratteristiche non del tutto adeguate e funzionali a competere adeguatamente sia nei mercati nazionali che ovviamente in quelli internazionali.
La cooperazione tra capitale e lavoro, anche in fase gestionale, decisoria e, in altri casi, di informazione e consultazione, dunque nelle forme indicate dalla Proposta della CISL, è una strada da percorrere non solo dove sono preponderanti le società di capitali, e in un’economia fortemente globalizzata e competitiva, ma anche dove è necessario ammodernare le forme giuridiche delle imprese e potenziarne la capitalizzazione attraverso le sinergie tra imprenditori e lavoratori, da promuovere e codificare negli organi di amministrazione e gestione e pure in sede contrattuale.
La debolezza strutturale dell’economia sarda è infatti tale da sollecitare interventi non solo sul versante delle infrastrutturazioni materiali e immateriali, dei differenziali di produttività e competitività derivanti anche dallo status di insularità, delle misure di politiche del lavoro e della formazione più efficaci e tempestive, ma anche sul versante del potenziamento e ammodernamento delle relazioni industriali e della cooperazione tra capitale e lavoro.
Come sottolinea il 30° Rapporto CRENOS 2023 «l’evidenza che emerge dai dati sulle imprese in Sardegna è un tessuto imprenditoriale con evidenti fragilità; una dimensione estremamente ridotta e una composizione settoriale che vede una prevalenza di imprese attive nei settori a più bassa produttività e legate alla produzione di beni non altrimenti commerciabili se non attraverso la domanda esterna che si esprime in loco».
Da evidenziare inoltre, sul versante della competitività delle imprese sarde sui mercati nazionali e internazionali e sulla predisposizione all’export, che il valore dell’export dei prodotti petroliferi copre da solo l’85% del totale delle esportazioni della Sardegna.
Proprio per questi motivi deve essere forte l’attenzione dell’Isola ai contenuti della Proposta di legge di iniziativa popolare, perché introduce elementi originali e innovativi finalizzati anche a sostenere e rafforzare l’impresa, come dimensione imprenditoriale e allo stesso tempo lavorativa, cioè di interesse primario del lavoratore verso la ricchezza che l’impresa crea e verso quella che poi distribuisce e reinveste.
A tal fine vengono proposti piani di partecipazione finanziaria al possesso di azioni o di quote di capitale della impresa stessa, che, con adesione volontaria dei lavoratori, sono sostenuti anche dalla possibilità che i contratti collettivi possano destinare una quota parte della retribuzione aggiuntiva alla retribuzione ordinaria, e in misura non superiore al 15% della retribuzione globale di fatto, per il finanziamento della partecipazione al Piano. Sono altresì previste delle agevolazioni fiscali per i lavoratori e le imprese interessate al Piano di partecipazione finanziaria.
Oggetto di intervento normativo è anche la Pubblica Amministrazione, che anche in Sardegna deve migliorare i servizi in termini di efficienza ed efficacia, a iniziare dall’Ente Regione e dalle sue articolazioni. In questa direzione un contributo può venire dal rafforzamento del ruolo delle associazioni dei lavoratori nelle relazioni sindacali su argomenti importanti quali l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro e i piani triennali dei fabbisogni. Altrettanto rilevante per il ruolo del credito nell’Isola e delle imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali è la proposta di istituire Commissioni paritetiche di consultazione con i rappresentanti dei lavoratori in materia di remunerazione del personale e degli stessi dirigenti e amministratori, e in materia di produttività e di politica commerciale.
In conclusione, si è di fronte a proposte che mirano a modificare la rappresentanza degli interessi perché si incida nella economia e nei diritti del lavoro attraverso una idea e una pratica di impresa come comunità di interessi, con la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali e alle scelte di innovazione delle imprese. L’obiettivo strategico è quello della democrazia economica per completare la democrazia politica.
Sintesi della Proposta di legge
Estratto dalla Relazione allegata alla Proposta di legge di iniziativa popolare La Partecipazione al Lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori.
La Proposta di legge si compone di 22 articoli.
L’articolo 1 reca le finalità della legge, ovvero introdurre una disciplina normativa della partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori in attuazione di quanto previsto dall’articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei principi e dei vincoli derivanti in materia dall’ordinamento comunitario e internazionale.
L’articolo 2 esplicita, per la prima volta nel nostro ordinamento, le definizioni di partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva.
I titoli successivi regolano queste diverse forme di partecipazione, alcune delle quali derivano dalla contrattazione collettiva, soprattutto aziendale.
Il Titolo II della proposta di legge delinea la regolamentazione prevista per la partecipazione gestionale dei lavoratori. Nello specifico, l’articolo 3 attiene alla partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori ai consigli di sorveglianza nelle imprese che adottano il sistema dualistico di governance; l’articolo 4 reca l’ipotesi di partecipazione al consiglio di amministrazione delle società che non adottano il sistema dualistico; l’articolo 5 disciplina quella nelle società a partecipazione pubblica.
Il Titolo III regola la partecipazione finanziaria dei lavoratori, introducendo numerose novità nel quadro normativo vigente. L’articolo 6 regola la materia della distribuzione degli utili, mentre l’articolo 7 introduce lo strumento partecipativo dei piani di partecipazione finanziaria che prevedono l’attribuzione, su base volontaria, ai lavoratori, di strumenti finanziari nonché la regolamentazione per l’adesione agli stessi.
L’articolo 8 introduce nell’ordinamento giuridico italiano un istituto molto diffuso nel diritto anglosassone, il c.d. voting trust, che qui viene considerato un accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria. A tutt’oggi l’Italia non dispone di un diritto dei trust propria mente detto. Con la Convenzione dell’Aja del 1985, ratificata senza riserve dall’Italia con la legge 16 ottobre 1989 n. 364, resa esecutiva e in vigore dal 1° gennaio 1992, il nostro Paese si è impegnato a riconoscere nel proprio ordinamento gli effetti dei trust aventi determinate caratteristiche, senza peraltro alcun obbligo di introdurre una disciplina interna del trust. Ciò nondimeno, i trust stranieri sono largamente diffusi, tanto da costituire una realtà giuridica ed economica alla cui mancanza di regolamentazione lo Stato supplisce attraverso le circolari interpretative dell’Agenzia delle entrate e con le pronunce della giurisprudenza di legittimità. L’unico esempio finora codificato di trust nell’ordinamento italiano è dato dall’articolo 6 della legge 25 giugno 2016, n. 112 (c.d. “Dopo di noi”) che ha introdotto un sistema di tutele per i disabili gravi che restano privi di sostegno familiare, tra cui, appunto, la possibilità di istituire un trust mediante il quale i genitori o i familiari di una persona disabile attribuiscono la titolarità di beni mobili e immobili a un soggetto di loro fiducia (trustee) affinché questi gestisca tali beni nell’interesse della persona disabile (beneficiario).
Nell’ambito del quadro normativo attinente alla tutela dei diritti partecipativi dei lavoratori, si è spesso ipotizzata l’introduzione in Italia di un trust che gestisce un sindacato azionario, ovvero il c.d. voting trust. Si tratta dell’istituto che si intende regolamentare in questa sede e che rispetto alla disciplina dei patti parasociali degli articoli 2341-bis e ss. del codice civile non presenta le stesse limitazioni cui vanno incontro questi ultimi.
All’articolo 9 si sanciscono gli obblighi di trasparenza.
Il Titolo IV regola la partecipazione organizzativa prevedendo un meccanismo premiale per le imprese che coinvolgono i lavoratori in progetti innovativi e per gli stessi lavoratori che si impegnino a fornire contributi per l’innovazione o l’efficientamento dei processi produttivi nonché i soggetti di riferimento per supportare tale forma di partecipazione.
Il Titolo V introduce disposizioni in materia di partecipazione consultiva chiarendo, all’articolo 12, le diverse ipotesi in cui le rappresentanze sindacali unitarie o le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di essere consultate in via preventiva e obbligatoria. L’articolo 14 detta la procedura di convocazione della consultazione, mentre l’articolo 13 e l’articolo 15 si occupano, rispettivamente, di estendere la partecipazione consultiva anche alle pubbliche amministrazioni, nonché obbligarla negli istituti bancari e nelle aziende che forniscono servizi pubblici essenziali.
L’articolo 16, infine, pone una clausola di salvaguardia delle disposizioni più favorevoli previste nei contratti collettivi nazionali in materia di consultazione.
Il Titolo VI sancisce all’articolo 17 gli obblighi di formazione dei lavoratori e degli amministratori coinvolti nella partecipazione gestionale e consultiva e all’articolo 18 il diritto al ricorso a consulenti esterni.
Il Titolo VII disciplina all’articolo 19 incentivi e sgravi fiscali per le imprese che attuino piani di partecipazione e piani di consultazione attraverso la formazione degli organismi paritetici.
Il Titolo VIII, all’articolo 20, introduce la Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori con funzioni interpretative e di indirizzo sull’attuazione della partecipazione dei lavoratori alle aziende, modificando la legge 30 dicembre 1986, n. 936, recante Norme sul Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.
Il Titolo IX, all’articolo 21, istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un nuovo organo deputato al controllo della sostenibilità delle imprese, cioè il Garante nazionale della sostenibilità, che opera quale meccanismo di certificazione della condotta d’impresa responsabile delle società.
L’articolo 22, infine, reca le disposizioni di copertura economica della legge.