di Mario Medde
I numeri e le criticità
Andamento demografico negativo in confronto all’Italia e all’Europa- saldo naturale negativo;
- secondo le previsioni ISTAT tra il 2022 e il 2042 la popolazione residente si contrarrebbe del 15,1% (- 4,9 in Italia);
- minore numero medio dei figli rispetto al complesso delle regioni italiane e al Mezzogiorno
- effetti del calo demografico sulle forze di lavoro: 185.000 unità in meno 2022-2042;
- effetti sulle caratteristiche urbanistiche e abitative, sullo spopolamento dei comuni minori e delle aree interne;
- effetti sul versante previdenziale;
- si assottiglia la base occupazionale.
- 1.569.832 residenti;
- 266 anziani ogni 100 giovani;
- 48,8 anni l’età media della popolazione al 1° gennaio 2024;
- indice di vecchiaia: nel 2015 era il 181,6, in Italia 158,3; nel 2024 si è al 265,9, in Italia 199,8.
- Forza lavoro : 621.000 unità (2023), si riduce la forza lavoro;
- popolazione 15-64 anni : 992.890;
- tasso occupazione : 56,1% (2023);
- tasso disoccupazione : 10,1 % (2023);
- inattivi: 372.179, in aumento;
- scoraggiati: 97.629.
- PIL per abitante: 21.000 euro;
- PIL complessivo: 33,7 mld euro;
- su indicatore PIL la Sardegna è 178esima su 242 regioni europee;
- nella struttura produttiva la Sardegna ha il 96,3% delle imprese con meno di 10 addetti;
- struttura produttiva: commercio 24%, agricoltura 24%, altri servizi 21%, edilizia 14%, hotel e ristoranti 9%,industria 7%;
- imprese attive 144.000.
- 2,8 mld di euro, di cui: prodotti petroliferi 82,8%
- chimici 2,6%
- lattiero caseario 2,3%
- prodotti in metallo 2,2%
- il 6,9% delle famiglie vive in una situazione di grave deprivazione materiale e sociale;
- la povertà relativa riguarda il 15,3% delle famiglie;
- la povertà assoluta si stima riguarda il 9,2 % delle famiglie.
- Rinuncia alle prestazioni sanitarie per disservizi vari. La Sardegna è al primo posto;
- il 12,3% della popolazione è bisognoso di cure;
- carenza di personale sanitario, in particolare medico e infermieristico;
- liste di attesa lunghe;
- fuga dei pazienti verso gli ospedali delle altre regioni.
- La popolazione 15-29 anni né occupata né inserita in un percorso formativo o di istruzione è in Sardegna al 27,6%;
- i giovani che lasciano la scuola senza un adeguato titolo di studio sono il 25,1%, in Italia il 18,1%;
- il tasso di partecipazione al sistema di formazione e istruzione nella fascia di età 15-29 anni è in Sardegna all’80%, in quella 20-29 anni al 18,9%.
- infrastrutture stradali. Mancanza di tratte di rango autostradale e limitati investimenti;
- infrastrutture ferroviarie. Non elettrificate e a singolo binario, a eccezione di un tratto nella provincia di Cagliari. Da evidenziare investimenti non adeguati;
- infrastrutture portuali. Tutto il sistema risente di carenze dotazionali (accosti, capacità di stoccaggio, etc. ) ;
- infrastrutture aeroportuali. Mancanza di collegamento strada/ ferro con l’interno.
(Dati elaborati su fonte Istat, Banca d’Italia, Crenos, Sardegna statistiche Regione Sardegna)
Valutazione degli indicatori riguardanti le criticità dell’Isola e alcune priorità
Gli indicatori della situazione economica, sociale e del lavoro, evidenziati nei diversi report sulla Sardegna, registrano una crisi importante che si trascina da lungo tempo.
Le strategie e gli interventi messi in campo da parte della politica e delle istituzioni, Stato e Regione, non appaiono risolutivi dei problemi più rilevanti dell’Isola. Non è una novità. Le cause sono diverse. Alcune tutte interne alla Sardegna, altre, esterne, derivano dalla responsabilità dei governi nazionali, qualcuna dalla complessità dei problemi di competenza della Unione Europea e dalla incidenza delle relazioni e vicende internazionali, come le guerre e le competizioni tra Stati e aree di influenza geo-politica.
Il potere di agenda che apparteneva alla politica, in primo luogo a quella nazionale, si è ora spostato su livelli che per non poche questioni sono preclusi alla Regione. Ma l’iniziativa politica e istituzionale le appartiene comunque, insieme a una capacità di intervento normativa e legislativa che può risolvere alcuni dei problemi più impellenti, modificando in positivo, ad esempio, la capacità di spendere e quella attuativa, condizionando nel contempo anche le scelte del Governo nazionale.
Se pure è vero che l’Autonomia è una sorta di “anatra zoppa”, e che è indispensabile riscrivere e potenziare lo Statuto rinegoziandolo con lo Stato, è però possibile attivare i residuali poteri per programmare scelte, strategie e interventi, utilizzando anche le notevoli risorse di fonte nazionale e soprattutto europea, per affrontare e sciogliere i nodi strutturali del sistema economico e sociale dell’Isola. Esiste infatti uno spazio importante per la Regione e la politica sarda, dove agire per risolvere almeno alcuni dei problemi della Sardegna.
A tal fine è però utile e indispensabile una forte unità dei sardi, che è possibile mettere in campo coinvolgendo soprattutto le rappresentanze economiche e sociali. Un metodo di lavoro che non deve essere fine a se stesso; cioè “tavoli“ saltuari che si aprono, come si dice in gergo concertativo, per dimostrare la buona volontà della Giunta regionale, o per mero tatticismo. Il confronto deve invece presupporre un percorso operativo (con atti politici, legislativi e amministrativi ) che produca frutti e risultati tangibili.
Si tratta di partire dalle criticità più evidenti e laceranti della società isolana, e da quanti soffrono maggiormente il peso della crisi, del disagio sociale, della solitudine e della emarginazione, dell’assenza di servizi alla persona e socio-sanitari, delle povertà economiche, sociali, educative e formative.
La sanità, insieme alla disoccupazione e alla precarietà del lavoro, rappresentano certamente le priorità per i decisori politici e istituzionali. Alcuni esempi per dare una idea degli ambiti di intervento. Si osservino le percentuali di spesa in ambito sanitario: il 36% per il personale, il 21% per i beni e i servizi, il 17% per la farmaceutica, il 14% per le prestazioni da privati, il 6% per la medicina di base.
Altrettanto importanti sono i dati riguardanti il declino demografico e lo spopolamento, a causa della bassa natalità, dell’assenza di lavoro e di servizi primari nelle comunità, soprattutto quelle più piccole e dell’interno. Altro aspetto su cui rafforzare gli interventi è la povertà, assoluta e relativa, causata dall’assenza e precarietà del lavoro, dalle basse retribuzioni e da pensioni con importi ridotti e inferiori a quelli medi delle regioni del centro-nord e inferiori alle soglie di povertà.
Un contributo utile nella definizione di queste complesse criticità, e per incidere positivamente sui necessari cambiamenti della società sarda, può venire qualora si assumano alcune priorità, soprattutto nell’azione politica e istituzionale:
1) La dimensione identitaria come cemento delle scelte e delle aggregazioni. Questa ha valore se non è folclore o mero ancoraggio al passato, ma è proiettata nel futuro, e diventa vero progetto politico e sociale, assumendo quindi i nuovi termini e attuali della questione sarda.
2) La rappresentanza del riformismo nella politica sarda. Un riformismo che valorizza il ruolo dei corpi sociali, che concepisce le riforme come frutto di una sintesi tra le proposte della società civile e la mediazione politica, che ha una cultura e una pratica della pluralità delle istituzioni di governo e sociali, perché le sole istituzioni per quanto forti non sono sufficienti a risolvere da sole i problemi dello sviluppo, della convivenza e della vivibilità delle nostre comunità.
3) I programmi, la capacità attuativa e il ritorno alla tangibilità delle cose nell’azione politica. Il recupero della dimensione programmatica implica infatti il ritorno alle cose (parole, programmi, fatti) e al loro significato reale. L’ingegneria istituzionale e la virtualità della politica non è una dimensione che di per sé produce frutti positivi per i cittadini e le comunità.
4) La nuova questione sarda è quella che oggi propone e rilancia la specificità e specialità geo-territoriale: cioè un’isola con tutto ciò che comporta, e una comunità con lingua, tradizioni, usi e costumi. A ciò si aggiunga una storia istituzionale di grande valore, anche sul versante della produzione legislativa e della connotazione statuale ( si veda la vicenda del Giudicato di Arborea, e cinquantadue anni di una originale, anche se incompleta, specialità autonomistica. La stessa esperienza della Rinascita, le cui ragioni e motivazioni però necessitano oggi di una profonda rivisitazione e rinegoziazione con lo Stato, può essere declinata in forme diverse e aggiornata alla luce delle nuove condizioni dell’Isola. Inoltre, il persistere di una forte soggettività di popolo, che va però intercettata e rappresentata dalla politica e dalle istituzioni dell’Isola, rafforza la richiesta dei poteri necessari a garantire una vera autonomia e, almeno, il diritto alle pari opportunità con le altre regioni del continente.
In sintesi, è sempre più evidente dunque l’esigenza che il Governo della Sardegna si identifichi , pur nella solidarietà nazionale e con i vincoli che essa comporta, con l’obiettivo della vera Autonomia e autogoverno, con una forte vocazione al riformismo e alla capacità programmatoria e attuativa a sostegno delle riforme, dello sviluppo e del lavoro.
È soprattutto su questi problemi, e sulla loro soluzione, che bisogna valutare l’azione della politica e della Regione Sardegna, pure ovviamente dello Stato, con la necessaria iniziativa sociale, attraverso il dialogo, se possibile, altrimenti con la mobilitazione dei lavoratori.