di Mario Medde
Un'Assemblea costituente del popolo sardo è necessaria per fermare il declino della Sardegna e della Regione. In questa direzione diventa, infatti, indispensabile riformare le istituzioni, per garantire loro maggiore efficienza ed efficacia, e contribuire così a cambiare la politica sarda. Una discontinuità che è necessario mettere in campo attraverso la più ampia partecipazione popolare e rivedendo la Carta statutaria, l'organizzazione della Regione e degli enti locali e la legge elettorale.
Su questo tema si propone una riflessione in sei punti, anche alla luce del dibattito in corso in Consiglio regionale sul numero dei Consiglieri regionali e ricordando, anche se ormai rimosso dalla politica, il documento unitario approvato nel novembre del 2010 dal Consiglio a conclusione del dibattito sulle riforme istituzionali.
1. L'Assemblea costituente non è solo uno strumento, è anche una politica che, in una fase storica decisiva per la Sardegna, individua nel potere costituente un'alternativa alla crisi delle massime Istituzioni regionali che vanno riformate in direzione del federalismo interno, nella loro capacità di rappresentanza, nell'efficacia delle politiche e nella funzione di regolazione propria delle Istituzioni.
2. Statuto e legge statutaria sono inscindibili, e costituiscono un tutto unico organico, indipendentemente dal fatto che i contenuti della seconda siano stati decostituzionalizzati e affidati alle scelte del legislatore regionale. Infatti, è fondamentale considerare contestualmente sia la specialità che la forma di governo e i due atti normativi corrispondenti, cioè Statuto e legge statutaria. Ancora prima è indispensabile collocare queste scelte in un principio ispiratore che riguarda non solo l'idea che oggi abbiamo della sovranità, ma anche del rapporto con l'Italia e con l'Unione europea, e del federalismo correttamente inteso.
3. Il nuovo Patto costituzionale tra la Sardegna e l'Italia necessita di un potere di nego-ziazione che solo il ricorso al popolo sardo attraverso l'Assemblea costituente può garantire; ma anche per superare le difficoltà conseguenti alla crisi della politica e della stessa Regione, a seguito dell'esaurimento della spinta propulsiva delle idee forti, autonomia e rinascita, che hanno accompagnato la vita politica e sociale degli ultimi sessant'anni.
4. La Costituente deve assumere una forte connotazione politica e di alto profilo strategico. L'obiettivo, infatti, non può essere quello di accettare un terreno di confronto/scontro meramente amministrativo, di decentramento di funzioni, compiti e risorse. Un nuovo modello di democrazia, di nuova Regione, di stato sociale in Sardegna, passano attraverso una fase costituente con forte caratterizzazione politica, perché non si pone solo il problema di una redistribuzione dei redditi, ma anche dei poteri delle rappresentanze e delle istituzioni sarde.
5. Il rapporto con lo Stato presuppone dunque una chiarezza strategica su come vogliamo rinnovare la Sardegna. è dunque indispensabile conoscere in quale tipo di Stato viene incardinata l'idea di nuova sovranità dell'Isola. Ma è più percorribile un Patto costituzionale su un'idea di contrattazione bilaterale, piuttosto che una proposta di legge costituzionale per una nuova struttura federale dello Stato. Qui, infatti, da decenni si arenano tutti i tentativi tesi a modificare e a modernizzare lo Stato ottocentesco. Anzi è talmente pervasivo questo modello che continua a contaminare le Regioni.
6. La nostra attenzione deve certamente incentrarsi sulle scelte di riforma, da parte del Parlamento, dei Consigli regionali e comunali, sul federalismo fiscale ma, quel che più conta, è la strategia e la forza che i sardi sapranno mettere in campo nell'Isola e a Roma. Se non saremo padroni del nostro tempo difficilmente riusciremo ad esserlo nel decidere il nuovo modello di democrazia e nel determinare i futuri destini della Sardegna. È da più di vent'anni che, per giustificare il rifiuto di essere noi i padroni del nostro tempo, si inseguono scorciatoie che però non approdano da nessuna parte.
In una situazione drammatica, sul versante sociale ed economico, dobbiamo essere capaci di spiegare e farci intendere su un fatto del tutto prioritario: senza istituzioni forti e realmente rappresentative non sarà possibile fare del lavoro e dei diritti il perno di un nuovo modello di democrazia e sovranità.
Le riforme istituzionali, e in primo luogo il nuovo Statuto della Sardegna, insieme al federalismo interno, non possono però essere pensati e attuati solo nelle stanze del Palazzo. Ecco perché l'Assemblea costituente del popolo sardo è una opportunità eccezionale in più direzioni: per la politica, per la società e anche per ridare credibilità a una democrazia dove le rappresentanze sono indispensabili.