Utopia giubilare

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di Mario Medde
Il bue, simbolo dell'evangelista Luca

[Gesù] si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: «Lo spirito del Signore è sopra di me per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore». Luca, 4, 16-19

Una straripante letteratura orienta verso una dimensione irreversibile dell'organizzazione economica mondiale, gli stessi assetti sovranazionali del potere (economico) hanno segnato a loro favore punti importanti, forse decisivi. Innalzano a dimensione obiettiva e intangibile parametri e vincoli economici sui quali è costruita una sorta di deificazione del mercato e delle sue regole. La politica, come possibilità e opportunità di cambiamento, viene ora travolta non solo dalle sue miserie, ma dallo stesso procedere schizofrenico della storia. Le «magnifiche sorti e progressive» dello sviluppo ristagnano tra una omologazione delle culture e dei bisogni e schiavitù di vecchia e nuova data, tra la gloria delle nazioni e l'esaltazione delle etnie, tra un ordine mondiale e il disordine locale, tra una sovrabbondanza con imposizione di quote di produzione e debiti dei terzi e quarti mondi e la fame come dannazione di intere generazioni, tra le necessità dello sviluppo e l'irreversibile consumazione delle risorse, talvolta delle culture, tra speranze di cambiamento e rassegnazione alle logiche dei poteri forti.

Eppure non è la fine della storia, né della politica, tantomeno delle speranze e dei processi di liberazione. Si è semplicemente consumata l'epoca moderna. Mentre l'epopea delle nazioni volge al termine, con una nuova frontiera dei diritti da conquistare, non più e non solo individuali. S'impongono nuovi confini a delimitare i nord e i sud del mondo, ma anche la dimensione stessa delle libertà della persona e dei diritti inalienabili dei territori. Soprattutto si intravedono i paradigmi di una nuova democrazia dove i bisogni dell'individuo s'intersecano, spesso configgendo, con quelli delle comunità, dove la iniquità della piramide sociale e istituzionale e la crisi del sistema politico inducono a ripensare la forma della rappresentanza e della mediazione degli interessi a favore della rete di poteri locali, della sussidiarietà e del rinnovamento dei partiti, con un ruolo insostituibile del sociale nelle sue diverse e multiformi rappresentanze.

Su quest'ordine di problemi, il rotolo del profeta Isaia presentato a Gesù nella sinagoga di Nazareth ha una eccezionale attualità, perché «annuncia l'utopia giubilare» e una condizione governata dalla giustizia, dal perdono, dalla grazia, ma anche perché predispone a una concezione di speranza, di rinnovamento e di riscatto del mondo e nel mondo. Dunque, oltre la profezia e la dimensione messianica, ci sono risposte collocate sui problemi della quotidianità e nella storia di ciascuno, nelle grandi e piccole vicende del nostro mondo.