Appello alla Regione e alla politica

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di M. Medde, P. Borrotzu, V. Lobrano dell'Associazione Carta di Zuri

Per le Riforme Istituzionali e il nuovo Statuto speciale della Sardegna

1.
Soltanto l'auto-governo può essere buon-governo. Soprattutto in una fase tra le più difficili della storia dell'Isola, e che necessita di risposte tempestive e adeguate ai suoi bisogni e specificità, sia sul versante dello sviluppo che del lavoro.
Tutta la storia della Sardegna, secolare e recente, conferma il principio democratico, secondo il quale soltanto la partecipazione – ordinata razionalmente e determinante – dei Cittadini, alle decisioni che li concernono come Popolo, è garanzia del perseguimento del loro interesse socio-economico, in termini sia assoluti sia di equità.

2.
I Cittadini sardi hanno il diritto e il dovere di partecipare, attraverso il proprio sistema delle Autonomie locali, al governo – necessario – della propria Isola e, come Popolo unito, al governo di ordinamenti più ampi.
Corrispondentemente, il Popolo dei Cittadini sardi ha il diritto e il dovere irrinunciabili di denunciare/ricusare sia i governi sardi sia i governi italiani ed europei, nei quali la propria partecipazione determinante è esclusa.

3.
L'ordinamento odierno della Repubblica italiana (così come quelli passati degli Aragonesi e dei Savoia) continua ad escludere i Cittadini sardi dal governo della propria Regione e il Popolo sardo dal governo dello Stato. I risultati economici di tali governi sono disastrosi.
È per tale constatazione che, da almeno una intera generazione, i Cittadini sardi hanno maturato la convinzione della necessità e della urgenza di una propria e nuova Carta costituzionale, la quale può essere intesa – alle giuste condizioni – come Statuto della Autonomia Speciale, da riformare istituendo la costituente del popolo sardo.

4.
Ciononostante, il governo regionale sardo, con la legge statutaria approvata nel corso della XIII legislatura (7 marzo 2007), ha tentato di imporre una forma di governo ancora più centralista di quella già in vigore, concentrando ogni e tutto il potere nella presidenza regionale ad esclusione totale dei Cittadini, e tale legge statutaria (nonostante la bocciatura referendaria) è restata la unica base di tutta la riflessione riformatrice istituzionale ancora delle legislature XIV e XV (questa ultima da poco iniziata).
Corrispondentemente, il governo statale (12-31 marzo 2014) sta procedendo, a passo di corsa, ad una riforma costituzionale ancora più centralista di quella già in vigore:
– con la abrogazione delle competenze cosiddette "concorrenti" sono ridotte drasticamente le competenze sulle quali si può esercitare il governo regionale;
– con il sedicente "Senato delle Autonomie" (pasticcio logico-costituzionale) è cancellata perfino la prospettiva di uno strumento di partecipazione del Popolo sardo alle decisioni dell'ordinamento statale italiano, nel quale esso è inserito.

5.
Il Popolo dei Cittadini sardi deve mandare un segnale forte ai governanti, sia a Cagliari sia a Roma, ri-affermando la propria volontà, decisa e incrollabile, di essere padrone di se medesimo. A tal fine è indispensabile un'adeguata iniziativa istituzionale, politica e sociale, ma in primo luogo da parte dell'Esecutivo e del Consiglio regionale.