Il declino produttivo e la crisi del lavoro

Dettagli
La Sardegna vive un momento di forte declino produttivo e industriale. Gli indicatori economici, e del mercato del lavoro, più importanti rilevano:
- una variazione negativa del valore aggiunto del settore industria;
- un PIL pro capite insufficiente a recuperare il divario con il Centro Nord;
- una quota delle esportazioni sarde sul totale nazionale nettamente inferiore alla quota della popolazione e una significativa retrocessione della Sardegna nella graduatoria delle regioni riguardo al rapporto quota regionale/totale delle esportazioni italiane.
- una situazione drammatica nel mondo del lavoro e l'aumento delle povertà.
Nel quarto trimestre 2012 il tasso di occupazione in Sardegna è stato del 49,8%, con 572.000 occupati; il dato più basso dal 2010, considerato che in quasi tutti i trimestri gli occupati superavano le 600.000 unità. Sempre nel quarto trimestre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 16,4%, in valori assoluti 112.000 unità, anche questo uno dei dati più alti degli ultimi dieci anni, e senza tener conto del fenomeno dello scoraggiamento. Nello stesso periodo il numero degli occupati dell'industria è stato di 36.000 unità, a fronte dei 48.000 dello stesso trimestre del 2010.

Su base annua, nel 2012, i lavoratori avviati a tempo determinato sono stati 193.873, a fronte dei 193.692 cessati. Quelli avviati a tempo indeterminato 57.742, contro i 58.697 cessati. Da evidenziare il leggero saldo attivo sul tempo determinato e il saldo passivo sull'indeterminato. Ma quel che caratterizza un mercato del lavoro asfittico è il peso del lavoro a tempo determinato, più di tre volte superiore di quello a tempo indeterminato. Dunque un numero di occupati troppo esiguo per rilanciare il sistema economico regionale e per promuovere la competitività, con un peso insufficiente dell'industria in rapporto ai servizi e al terziario, e con una precarietà del lavoro che è tutt'altro rispetto a quella flessibilità così spesso lodata come strumento per rivitalizzare mercato del lavoro e impresa. La disoccupazione giovanile raggiunge livelli insostenibili, quasi uno su due giovani tra gli attivi, e incrementa il fenomeno delle nuove povertà che in Sardegna coinvolge più di 300.000 persone.
Al di là del dato sul numero delle persone povere, il rischio di povertà relativa riguarda il 22,7% delle 570.000 famiglie. Questo secondo il rapporto sul BES (benessere equo sostenibile).
Ecco perché il laburismo, cioè una strategia dello sviluppo imperniata sul valore del lavoro, rappresenta l'unico sbocco possibile per una svolta nel Governo dei problemi dell'Isola e per avviare una nuova stagione dopo quelle della Rinascita e dell'Autonomia.
La Regione Sardegna assomma nel contempo quasi 7 miliardi di euro di residui passivi e non riesce a spendere le risorse disponibili per via dei vincoli del Patto di stabilità, ma anche per la sua scarsa efficienza ed efficacia.

Dunque l'obiettivo prioritario è quello di una crescita economica che ridistribuisca maggiore ricchezza, ma che nello stesso tempo dia garanzia di una maggiore tutela e crescita dei fattori umani ed ambientali (salute, longevità, istruzione, grado di partecipazione alla vita sociale, politica ed economica).
In questa direzione, le diseconomie esterne al processo produttivo rappresentano una vera e propria palla al piede che deve essere quanto prima rimossa con un livello più adeguato di infrastrutturazioni materiali e immateriali, con politiche di settore selettive e incentivanti. Si farà fronte, così, all'impellente domanda interna di maggiore competitività e all'esigenza di garantire tempi più brevi per l'integrazione in Europa; a patto che si promuovano rapidamente investimenti, progetti e cantieramenti nelle reti dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni e se si saprà governare con intelligenza, razionalità e giustizia il sistema idrico integrato.