La formazione: maggiori opportunità di lavoro

Dettagli di Mario Medde

Siamo ciò che conosciamo

 

La formazione professionale è parte fondamentale delle politiche del lavoro. La gran parte delle misure di politica attiva del lavoro contengono l’intervento formativo finalizzato all’acquisizione di qualifiche o al consolidamento e miglioramento delle competenze. Di più, l’apprendimento permanente lungo tutto l’arco della vita è ormai un vincolo positivo e necessario per rispondere al meglio alla domanda di complessità e alle difficoltà dell’attuale fase della vita economica, sociale e istituzionale.

Le competenze lavorative hanno cicli di vita più brevi, e gli stessi apprendimenti scolastici non sono più sufficienti per via della obsolescenza conseguente alla velocità dei cambiamenti del lavoro, delle tecnologie e alla costante evoluzione delle conoscenze scientifiche che interagiscono con l’economia e trasformano anche il mondo delle cose e degli uomini.

Formazione di base, acquisizione di qualifiche, rafforzamento delle competenze, alta formazione, sono dunque condizione fondamentale per dare senso al proprio percorso lavorativo, professionale e di vita. In questa direzione, le agenzie formative hanno nella propria mission una visione educativa-formativa improntata a una dimensione collettiva di senso, di solidarietà e di benessere sociale.

C’è un pregiudizio ideologico o di parte che pensa alla formazione professionale come ancella o ruota di scorta della scuola e della università. Bisogna invece guardare alla società della conoscenza come filiera dove interagiscono scuola, formazione, università e ricerca; aspetti che nella loro autonomia e dignità rispondono in modo diverso, a seconda delle libere scelte, alle domande di lavoro, di formazione, conoscenza e di senso della persona.

In Sardegna è documentato un deficit di competenze, e una forte e diffusa richiesta di formazione professionale da parte dei giovani, dei lavoratori, dei disoccupati e delle loro famiglie. Le stesse imprese evidenziano uno squilibrio tra le richieste da loro effettuate e le professionalità e qualifiche disponibili nel mercato del lavoro.

È utile riportare alcuni dati per evidenziare la disponibilità delle risorse finanziarie della Regione per la formazione professionale e le politiche attive del lavoro, la potenziale utenza tra i giovani e i lavoratori, e il numero dei lavoratori che si pagano la formazione piuttosto che aspettare le decisioni e i tempi lunghi della Regione.

La formazione professionale viene finanziata, per la gran parte, attraverso l’Asse 3 del PO del Fondo Sociale Europeo 2014-2020 con un importo per il settennio pari a 155.680.000 di euro. Ma può essere veicolata anche attraverso l’Asse 1, Occupazione, che finanzia gli interventi sulle politiche del lavoro con un importo di 171.248.000 di euro. La programmazione 2014-2020 è iniziata con due anni di ritardo, e la gran parte dei finanziamenti dei due Assi 1e3 del Fondo sociale sono ancora da impegnare o da “cantierare”.

Altre risorse importanti vengono dai finanziamenti dello Stato per l’Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) e per Garanzia Giovani. Alcuni dati sulla potenziale utenza.

I NEET (coloro che, tra i 15 e i 24 anni non studiano, non partecipano ad attività formative e non lavorano) sono in Sardegna 81.000, circa il 28% dei giovani di quella fasciad’età, mentre il dato medio in Europa è del 12,8%. I disoccupati, nel terzo trimestre 2017, erano 102.000. I percettori di NASPI ( l’indennità di disoccupazione con il vincolo di avere tredici settimane di disoccupazione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, e trenta giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti l’inizio della disoccupazione) ad aprile 2017 risultavano essere 84.999. Sia tra i disoccupati che tra i percettori di NASPI vi sono molti lavoratori che necessitano di acquisire competenze o di migliorarle per garantirsi la occupabilità.

I disoccupati con licenza elementare e nessun titolo risultano essere in numero di 5.000 e 54.000 quelli con la licenza media. Significativo anche il numero dei disoccupati senza esperienza lavorativa, intorno alle 19.000 unità. Gli inattivi con la licenza elementare e nessun titolo sono invece 45.000, quelli con la licenza media 223.000. Sono 4.500 i lavoratori provenienti dal bacino degli ammortizzatori sociali in deroga e bisognosi di riqualificazione per essere ricollocati. Le persone che partecipano a corsi formativi in autofinanziamento sono circa 11.000; si tratta di giovani e lavoratori che, nonostante la grande disponibilità di risorse finanziarie della RAS, si pagano la propria formazione per acquisire una qualifica e una competenza.

Si è ovviamente di fronte a dati non sommabili e sovrapponibili, ma indicativi di una realtà sociale fortemente bisognosa di maggiori e migliori competenze.

Mai come in questa fase storica, della società post-industriale, risulta vera e appropriata la frase che “noi siamo quello che conosciamo”. I diritti di cittadinanza, peraltro in una società sempre più competitiva e utilitaristica, si acquisiscono certamente con istituzioni caratterizzate dall’equità e dalla giustizia sociale, ma anche dalle maggiori opportunità che derivano dalla filiera della conoscenza.

La Regione Sardegna ha una grande responsabilità nella programmazione e attuazione delle politiche attive del lavoro e formative. Ma registra difficoltà enormi soprattutto in sede operativa, nella capacità di rendere immediatamente cantierabili i programmi e i progetti e nella spesa delle risorse finanziarie finalizzate allo sviluppo, al lavoro e alla formazione.

In particolare è urgente intervenire sulle seguenti criticità:

  1. Ipertrofia di competenze della Regione e delle sue agenzie sulle politiche attive del lavoro, sulla formazione professionale e sui servizi per l’impiego e cancellazione del principio di sussidiarietà.
  2. Vuoto attuativo sul riequilibrio pubblico-privato (convenzionato) come pure previsto dal Decreto Legislativo 150 del 14.09.2015, sulle funzioni in materia di servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro.
  3. Assenza della rete istituzionale di governance delle politiche attive del lavoro, dei servizi per l’impiego e della stessa formazione professionale.
  4. Scarso e inefficace coinvolgimento del partenariato economico e sociale nella fase attuativa del POR e nelle modalità gestionale delle diverse misure d’intervento del FSE.
  5. Ipertrofia procedurale e burocratica in fase di impegni, pagamenti e spesa, anche per le caratteristiche del nuovo Bilancio RAS (Bilancio armonizzato).
  6. Ulteriore appesantimento dei passaggi burocratici sui mandati di pagamento dal primo gennaio attraverso l’invio alla piattaforma intermedia Siopeplus.