Politiche attive del lavoro in Sardegna

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INDICATORI ECONOMICI E DEL MERCATO DEL LAVORO IN SARDEGNA

  • Prodotto Interno Lordo nel 2015: calo dello 0,7 % rispetto all'anno precedente. Il PIL per abitante è risultato pari a 19,3 mila euro (33400 euro nel Nord Ovest, 29300 nel Centro,17800 nel Meridione), superiore alla maggioranza delle regioni del Sud, tranne Abruzzo e Basilicata.
  • Tasso di disoccupazione. Anno 2015: 17,4%. Anno 2016: 17,3%.
  • Tasso di occupazione. Anno 2015: 50,1%. Anno 2016: 50,3%.
  • Tasso di mancata partecipazione. Anno 2015 31,5%. Anno 2016 31,0%.
  • Giovani NEET (non occupati e non in istruzione e formazione). Incidenza dei giovani NEET (15-24 anni) anno 2016: 24,4. Incidenza dei giovani NEET (15-29 anni) anno 2016: 30,6.
  • Numero cittadini sardi con sola licenza media: 53.000.
  • Numero lavoratori che percepiscono la mobilità in deroga: 14.500.
  • Consistente diminuzione nel 2016 degli avviamenti al lavoro con la tipologia contrattuale a tempo indeterminato.
  • Nel 2016 crollo occupazionale nel settore industriale.
  • Osservatorio della congiuntura del mercato del lavoro. Nel 2015 e 2016, segno negativo per tutti i settori, salvo che per le altre attività dei servizi, relativamente ai contributi settoriali alla crescita della occupazione regionale.

LA CRISI DEL LAVORO

La crisi del lavoro è l'aspetto più importante delle difficoltà in cui versa oggi la Sardegna. Proprio per le dimensioni delle ricorrenti crisi finanziarie e produttive, e a causa dell'integrazione dei mercati mondiali e delle economie, nonostante i nuovi tentativi di introdurre dazi e barriere, si veda la scelta del Presidente USA Trump, si ha la necessità di rapportare le vicende dell'Isola alle dinamiche che incidono sul sistema economico e finanziario internazionale.

Per affrontare al meglio i problemi dell'economia e del lavoro in Sardegna è indispensabile interrogarsi su come le nostre difficoltà nel rilanciare lo sviluppo si intreccino con quelle dei mercati europei e mondiali. Contestualmente, si tratta di valutare i ritardi e le diseconomie del sistema Sardegna, e le responsabilità di governo delle politiche regionali e nazionali. La crisi del lavoro nell'Isola trova riscontro certamente nelle più generali difficoltà del paese e dell'Europa, ma soprattutto nella lunga crisi produttiva e industriale, nella mancata soluzione dei problemi strutturali, ormai incancreniti, quali le diseconomie esterne ai processi produttivi, l'assenza di innovazione di processo e di prodotto nella gran parte dei settori economici, le difficoltà nella capitalizzazione delle imprese, l'inefficacia della Pubblica Amministrazione, lo svilimento del capitale sociale e umano.

Ripensare il lavoro nelle attuali dinamiche e rilanciare l'occupazione come necessità della ripresa economica e produttiva presuppone un lasso temporale non breve, e probabilmente si tratterà di affrontare questo problema all'interno di cicliche e lunghe crisi. È proprio per queste caratteristiche dell'economia che si sono storicamente affermate le politiche attive e passive del lavoro.

LE POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

Le politiche attive del lavoro sono gli interventi che agiscono attivamente sul mercato del lavoro creando nuova occupazione o incidendo preventivamente o a posteriori sulle cause della disoccupazione. L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico indica cinque misure di intervento:

  • Sussidi all'occupazione
  • Creazione diretta e temporanea di posti di lavoro
  • Sostegno finanziario e servizi per la nuova imprenditorialità
  • Servizi per l'orientamento e collocamento lavorativo
  • Formazione professionale

Le politiche attive, più che creare direttamente lavoro, hanno però la funzione di sostenere il lavoratore a restare attivo e competitivo nel mercato del lavoro.

Se il mercato del lavoro è asfittico, a causa della crisi economica e produttiva, e se la produzione di ricchezza è debole, allora le politiche attive del lavoro, in concorso con le politiche passive, funzionano come strumento di resilienza e di sostegno al lavoratore e ai giovani per restare comunque competitivi nelle opportunità che si dovessero presentare o attivare.

Decisivo è il ruolo della formazione professionale per l'acquisizione o il miglioramento delle competenze, il tutoraggio e l'orientamento professionale nel mercato del lavoro.

LE POLITICHE PASSIVE DEL LAVORO

Le politiche passive del lavoro riguardano le prestazioni monetarie a favore dei disoccupati attraverso un sostegno al reddito con lo strumento degli ammortizzatori sociali.

Gli ammortizzatori sociali possono essere di livello assicurativo, quando erogati a fronte di un versamento di contributi, o di livello assistenziale "dedicato" quando vengono erogati dei sussidi per coloro che non hanno versato contributi e che comunque devono garantire la prova dei mezzi.

LE FONTI NORMATIVE DELLE POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

Le fonti legislative e normative riguardanti le politiche attive del lavoro rappresentano, ovviamente, un riferimento primario e insostituibile per capire l'evoluzione del ruolo, della funzione e delle competenze delle istituzioni pubbliche in tema di lavoro. La stessa legislazione rinvia però a un dibattito politico e sociale e a un forte interesse della pubblica opinione che porterà appunto a una fase di consistente produzione parlamentare sulle riforme istituzionali, e, a cascata, sulle funzione e competenze dello Stato, delle Regioni e delle Province in tema di lavoro e politiche attive. Per un lungo periodo il decentramento istituzionale, il trasferimento di poteri dallo Stato agli Enti Locali e il progetto federalista ha ridisegnato la complessiva impalcatura delle politiche del lavoro (a esempio riforme Bassanini e Legge Biagi); a iniziare dal Decreto legislativo n. 469 del 23.12.1997, che assegnava la centralità alle Province e alle Regioni nei servizi per l'impiego. Seguirono il decreto legislativo 181 del 21.4.2000, il Decreto legislativo n. 297 del 19.12.2002 e il Decreto legislativo 276 del 10.9.2003 (in attuazione della legge n.30 del 14.2.2003), che, abrogando la legge 264 del 1949, sancivano il passaggio dal collocamento ai servizi per l'impiego, l'assunzione diretta dei lavoratori da parte dei datori di lavoro, l'ingresso di privati e di enti pubblici nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Importante anche il Decreto legislativo 15.4.2005 n. 77 in attuazione della legge n. 53 del 2003 che istituiva l'alternanza scuola-lavoro. Da citare, a seguito di evidenti indeterminatezze istituzionali relative alle funzioni e competenze di Stato e Regioni, la sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2005, laddove evidenziava che rientrano nella potestà legislativa regionale le materie connesse al mercato del lavoro (politiche attive, servizi per l'impiego, ammortizzatori sociali, incentivi all'occupazione), mentre restano di competenza esclusiva dello Stato quelle concernenti il cosiddetto ordinamento civile (il rapporto di lavoro e i diritti e gli obblighi che ne derivano).

Una svolta nel rapporto tra Stato, Regioni e Province (anche se per queste ultime le funzioni e competenze crollano per effetto della legge sull'abolizione dell'Ente intermedio) si ha con la legge delega 10.12.2014 n. 183, nota come legge Jobs Act, e con il Decreto legislativo n. 150 del 14.9.2015 recante "disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive". Il referendum di dicembre 2016 sulla revisione della parte seconda della Costituzione (riforma che prevedeva il superamento di diversi conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni sull'esercizio della potestà legislativa e un ridimensionamento dell'autonomia regionale) ha però avuto come esito il mantenimento della tutela del lavoro tra le competenze regionali. L'Anpal istituita con il D. Leg. 150 non può dunque avere quel ruolo di vero governo delle politiche attive del lavoro, ma gestire solo lo strumento dell'assegno di ricollocazione rivolto ai percettori di NASPI da almeno quattro mesi e avviare una sorta di coordinamento, però non vincolante, con le corrispettive Agenzie regionali.

Dalla evoluzione normativa delle politiche attive del lavoro e dei servizi per l'impiego si evince dunque l'acquisizione di funzioni e poteri primari e consistenti delle Regioni a discapito dello Stato e delle Province. La Sardegna aveva già avviato un percorso normativo e attuativo importante trasferendo alle Province funzioni e competenze in tema di servizi per l'impiego e formazione professionale. La costituzione dell'ASPAL, il corrispettivo regionale dell'ANPAL, e lo svuotamento finanziario, prima ancora che legislativo, ha cancellato le Province quale soggetto primario dei servizi per l'impiego e dell'offerta formativa nel territorio. L'Ente Regione ha quindi assunto enormi responsabilità, quanto a competenze e funzioni, in una realtà dove il lavoro rappresenta la prima emergenza sociale, economica e politica. Pur avendo assorbito nell'ASPAL il personale di CSL e CESIL (addetti nel territorio alle funzioni dei servizi per l'impiego), questa ipertrofia di competenze pone problemi di non poco conto, relativi sia alla capacità di gestione (in termini di efficacia nel governo del sistema), sia alle modalità attraverso le quali si attua la programmazione delle politiche attive del lavoro e dell'offerta formativa. Quali sono cioè gli ambiti territoriali, i soggetti coinvolti e le procedure attraverso i quali la individuazione degli obiettivi, la definizione degli interventi e delle misure si qualificano come una programmazione mirata ai bisogni dei territori, delle categorie interessate e della persona?

Si è di fronte a una indeterminatezza che porta a considerare i servizi per l'impiego e l'offerta formativa come frutto della mera produzione legislativa, del recepimento delle norme e degli atti dell'Unione Europea, e con un ruolo importante della burocrazia e del governo regionale in fase di definitiva attuazione dei provvedimenti. Da considerare che il ruolo del partenariato economico e sociale, sul versante della predisposizione e approvazione dei Piani Operativi Regionali dei Fondi Strutturali Europei che finanziano, attraverso il FSE, gran parte dell'attività di politica attiva del lavoro e dell'offerta formativa, è del tutto marginale nella discussione per l'approvazione dei contenuti del POR, e inesistente quando si passa alla fase attuativa dove si decidono le modalità gestionali sulle diverse misure d'intervento. In altre parole il principio di sussidiarietà, orizzontale e verticale, viene del tutto dimenticato, a favore di un centralismo che reitera i peggiori comportamenti dello Stato. La consistenza delle competenze e funzioni acquisite ha determinato inoltre una ipertrofia procedurale e burocratica che si somma alla già notevole complessità procedurale e amministrativa nella gestione del bilancio, impegni e pagamenti prima di tutto.

LA DOTAZIONE FINANZIARIA DELLA REGIONE SARDEGNA PER LE POLITICHE DEL LAVORO (2015 - 2016 - 2017)

È interessante riportare e valutare la copertura prevista dal Bilancio della Regione Sardegna per le politiche per il lavoro e la formazione relativamente agli anni 2015-2016-2017. Considerato che la programmazione comunitaria dei Fondi Strutturali per il settennio 2014-2020 è stata concretamente avviata solo nel 2016, e che quella del settennio precedente è stata formalmente chiusa a dicembre 2015, il triennio che prendiamo in considerazione è importante anche ai fini di una prima valutazione sull'avvio degli interventi e delle misure del fondo Sociale Europeo nell'ambito della programmazione unitaria delle politiche attive del lavoro e della formazione professionale. Nell'annualità 2015 il bilancio della RAS riporta una copertura finanziaria per le politiche per il lavoro di euro 325 milioni; di cui RAS 50,8%, UE 47,6%, STATO 2,5%. Il finanziamento della Formazione Professionale è di 18,7 milioni di euro. Nel 2016 è prevista una copertura finanziaria per le politiche per il lavoro pari 212 milioni di euro; di cui 61% Programmazione Unitaria e 39% RAS. Per la Formazione professionale sono previsti 19,4 milioni di euro. Per il 2017 il bilancio RAS riporta una copertura per le politiche per il lavoro pari a euro 119 milioni; di cui 17% UE,45% STATO, 38% RAS. La Formazione professionale ha una dotazione di 22 milioni di euro. Alcune annotazioni:

  • Nei tre anni la dotazione finanziaria per le politiche per il lavoro subisce un taglio drastico. Meno 113 milioni di euro dal 2015 al 2016, meno 93 milioni di euro dal 2016 al 2017, e dal 2015 al 2017 addirittura 206 milioni di euro.
  • La riduzione della dotazione finanziaria per le politiche per il lavoro risulta incomprensibile anche alla luce del trascinamento della programmazione e della spesa dal 2014 al 2016 e 2017.
  • I 325 milioni del 2015 hanno solo parzialmente trovato riscontro successivo in bandi di evidenza pubblica e in attività.
  • Nel 2016 la ripartizione delle fonti di finanziamento è suddivisa tra fondi Ras e della programmazione Unitaria. Nel 2017 viene ripristinata nella scheda della Ras la ripartizione in fondi UE, STATO e RAS.
  • Vi è un enorme ritardo nell'attuazione delle misure e delle azioni di politica attiva del lavoro e della formazione professionale. L'obiettivo dovrebbe essere invece il rispetto dei lavoratori e dei giovani nei tempi imposti dai loro bisogni e aspettative, e non da scelte politiche-burocratiche che offrono un recupero dei ritardi (ormai cronici) attraverso lo strumento dello N più Due (numero degli anni previsti per attuare la programmazione più due di dilazione).
  • Le misure e le azioni individuate coprono una notevole varietà di bisogni sociali e soggettivi, corrispondenti alla molteplicità del disagio che caratterizza sia il mercato del lavoro sia la società isolana. Semmai si tratta di migliorare i programmi specifici attuativi delle misure e delle azioni e di garantire una risposta tempestiva alla domanda di tutela e accompagnamento al lavoro.
  • Da migliorare il rapporto con le agenzie formative, attraverso la istituzionalizzazione di specifiche sedi di dialogo e confronto; da rafforzare infatti la sinergia tra programmazione e gestione per le diverse componenti delle politiche attive del lavoro e della formazione.
  • L'inserimento del principio di condizionalità che lega le politiche passive e attive del lavoro rappresenta una prima svolta importante per valutare l'efficacia delle misure di politica per il lavoro e insieme il comportamento degli utenti.

POLITICHE ATTIVE E FORMAZIONE PROFESSIONALE. CRITICITÀ E PROPOSTE

Le politiche attive del lavoro registrano dunque in Sardegna criticità importanti e da rimuovere in sede di programmazione, attuazione e gestione degli interventi e attività, nella spesa e nelle procedure e tempi di pagamento dei soggetti gestori e utenti.

Si tratta di problemi strutturali che attengono in prima battuta alle caratteristiche organizzative dell'Ente Regione; ma che rinviano a un modello di rappresentanza dell'Autonomia regionale del tutto superato e costruito sull'esempio di quello statale. Senza peraltro valutare che, a parte i tentativi opposti degli ultimi due anni, lo Stato ha tentato, certamente non per ragioni connesse a un'idea positiva del federalismo, ma per scaricare i costi e ridurre il debito pubblico, di trasferire compiti e funzioni agli Enti Locali.

In una visione pragmatica del presente e supponendo che in questa fase la preoccupazione della politica sarda non sia certo il federalismo interno e la riforma della Regione, è necessario coniugare le proposte di cambiamento e soluzione dei problemi valutando ciò che è possibile fare nel breve e medio periodo (intendendo per quest'ultimo la fine della legislatura regionale).

Sul versante della programmazione, ormai per la gran parte già definita in sede di approvazione del FSE, è possibile e necessario un coinvolgimento delle agenzie formative, accreditate anche per i servizi all'impiego, su due aspetti importanti del problema: il monitoraggio in corso d'opera sulle procedure e sui tempi di attuazione delle misure e delle azioni e la valutazione della qualità ed efficacia nella quantificazione delle risorse da assegnare alle diverse azioni. Ciò comporterebbe un miglioramento gestionale e attuativo di non poco conto poiché metterebbe a confronto sinergico e collaborativo due diverse ma complementari responsabilità, gli uffici addetti alle procedure amministrative e attuative delle norme con le agenzie preposte alla gestione delle attività.

Il problema dei pagamenti alle Agenzie da parte della Regione è senz'altro parte di una questione più vasta riguardante i ritardi della pubblica Amministrazione. Ma nel caso dei pagamenti, dunque della spesa, per le attività riguardanti le politiche attive del lavoro e i bandi della formazione professionale si è di fronte a problemi di diversa natura e complessità che è comunque possibile affrontare e risolvere, per la gran parte, con scelte politiche e atti amministrativi. L'attenzione va rivolta alla gestione del bilancio, agli organici impegnati nelle diverse procedure, al rapporto tra gli assessorati interessati, all'inserimento di vincoli temporali nella definizione delle diverse procedure. Quello del Bilancio della RAS è un problema prima politico, della Giunta soprattutto, ma anche del Consiglio, e poi burocratico, di come gli uffici preposti intendono e gestiscono le procedure connesse alla riforma della contabilità con il bilancio armonizzato.

È NECESSARIO RISPETTARE LE SCADENZE E ADOTTARE SOLUZIONI TEMPESTIVE PER I PROBLEMI DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE

La gestione del bilancio e della spesa è un aspetto fondamentale delle politiche di sviluppo e per il lavoro. Nel dibattito si dà grande rilevanza alla nuova impostazione del bilancio, in particolare alle entrate e ai nuovi finanziamenti. Un fatto comprensibile perché la quantità e la disponibilità delle risorse finanziarie sono elementi essenziali per garantire una efficace e argomentata copertura delle spese correnti, degli investimenti, dei servizi primari e indispensabili, nonché delle politiche del lavoro e dell'inclusione.

Ma durante l'anno finanziario e di competenza la gestione e il governo del bilancio e della spesa sembrano essere affidati quasi solo alla burocrazia e agli uffici. Ciò non va bene ed è invece necessaria una maggior presenza e impegno in primo luogo da parte delle forze politiche su questo aspetto così fondamentale per i cittadini sardi.

L'enorme ritardo dei pagamenti (a società e persone) da parte della Regione Sardegna ostacola sia la tempestiva e proficua attuazione delle politiche della stessa Istituzione, sia un adeguato contributo alla ripresa dello sviluppo e della occupazione. Infatti, proprio per questi enormi ritardi, le imprese e le famiglie subiscono pesanti contraccolpi, a volte decisivi, in termini di indebitamento e addirittura di sopravvivenza.

Le cause di tanta inefficienza sono molteplici e sono la spia di altre criticità, vicine e lontane, burocratiche, organizzative, di efficacia e qualità della leadership politica e di governo della Regione.

Il superamento dei ritardi dei pagamenti non è però un ostacolo insormontabile; a patto che si tengano sotto controllo, con volontà e capacità di intervento, alcuni aspetti di natura burocratica e di governo (ad esempio i tempi di approvazione del bilancio e la sua gestione). Nello specifico sono da valutare per eventuali modifiche: il rapporto tra gli uffici dell'Assessorato del bilancio e della Ragioneria con quelli degli altri assessorati sulla procedura di spesa, la modalità e i criteri di assegnazione della cassa ai diversi assessorati, i pagamenti nella fase di riaccertamento ordinario dei residui, il ruolo e gli organici della Ragioneria, gli organici dei servizi addetti agli impegni di spesa e alle determine di pagamento, le criticità nelle procedure di liquidazione di un impegno di spesa a fronte di una obbligazione pure giuridicamente perfezionata, la corretta interpretazione e attuazione delle procedure di spesa previste dal bilancio armonizzato.

Da sottolineare inoltre l'anormale ricorso della Regione all'esercizio provvisorio per diversi mesi; una scelta politica gravissima perché è un moltiplicatore di tutte le criticità gestionali e procedurali presenti negli assessorati, e perché produce squilibri, talvolta anche gravi, nei costi gestionali delle imprese e forti disagi alle persone e alle famiglie. Il peso eccessivo della burocrazia nell'attuazione delle norme e delle procedure conseguenti è spesso dovuto anche ad una scarsa autorevolezza dei responsabili politici. Questi, infatti, scontano, nella fase attuativa, una sostanziale condizione di subordinazione causata da una presunta maggiore conoscenza delle norme e delle procedure da parte degli uffici. Ciò porta spesso la politica a dipendere dalla tecnostruttura. Si tratta, in questo caso, di una negativa rendita di posizione, che crea ritardi e privilegi e che è possibile sconfiggere con una maggiore qualità nel governo dei problemi da parte di chi ha la responsabilità politica.

Il ritardo dei pagamenti nella pubblica amministrazione è un fatto ormai strutturale nel Paese. In Sardegna non è dovuto però a una carenza di liquidità, ma ad evidenti difficoltà nella gestione del ciclo passivo, a iniziare dalle eccessive rigidità delle procedure di spesa. Un ipotetico bilancio per cassa potrebbe forse risolvere il problema tagliando il nodo dei residui, ma è un discorso per ora non praticabile. La riforma della contabilità pubblica attraverso il bilancio armonizzato tende però verso questo obiettivo. Inoltre, con il principio della competenza finanziaria la liquidazione diventa più importante dell'impegno, perché viene registrata quando l'obbligazione è esigibile e certifica allora il corretto impegno. Ciononostante, nella Regione Sardegna continua a persistere il preoccupante fenomeno dei ritardi nei pagamenti.

Per quel che riguarda le agenzie formative il problema è diventato drammatico, considerato anche il loro ruolo fondamentale sia nella formazione professionale che nell'attuazione delle politiche attive del lavoro e la rilevanza che hanno nella programmazione del Fondo Sociale Europeo. Negli ultimi due anni (2015 e 2016) i primi pagamenti effettuati alla Regione Sardegna sono pervenuti alle Agenzie formative solo nel mese di agosto, esattamente dopo il periodo di ferragosto, costringendo tutti i soggetti a far fronte agli impegni con i lavoratori e al pagamento dei contributi e delle imposte mediante il ricorso al credito bancario con i relativi costi e problemi. In questi primi mesi del 2017 la Regione ha effettuato alcuni pagamenti (pochi rispetto al dovuto), dopo un pressing notevole delle agenzie, grazie allo strumento del riaccertamento parziale, possibile tra l'altro anche dal 2016, in attesa di quello ordinario.

Considerato che la formazione professionale e le agenzie formative rappresentano uno snodo fondamentale per l'attuazione delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l'impiego, è dunque urgente e indispensabile chiedere alla Regione Autonoma della Sardegna, ed in particolare all'Assessorato per il lavoro e la formazione professionale, di provvedere ad una soluzione che tenga conto dei seguenti elementi:

  • 1. La garanzia della tempestività di pagamenti, anticipazioni e saldi attraverso una programmazione che preveda la mensilizzazione o la bimestralizzazione dei pagamenti con atti amministrativi adeguati che la Regione stessa deve individuare.
  • 2. Considerati i ritardi nell'approvazione della manovra economico-finanziaria, ormai un dato strutturale, e i problemi burocratici purtroppo consolidati nella pubblica amministrazione regionale e le negative conseguenze sullo sviluppo corretto delle attività, sui tempi coerenti di pagamento, diventa indispensabile individuare uno strumento che possa soddisfare le esigenze di liquidità mediante un'azione di sostegno e di miglioramento delle competenze del personale dipendente delle agenzie formative. Ciò anche attraverso progetti di formazione continua e di specifiche azioni di sistema.
  • 3. Verificato che solo una parte di lavoratori della Formazione Professionale ha potuto usufruire delle opportunità di accedere alla lista speciale (dalle agenzie formative, che hanno chiesto l'utilizzo degli ammortizzatori sociali a seguito delle difficoltà di quella fase, i lavoratori potevano transitare in una lista speciale a esaurimento) così come definita nelle precedenti legislature, si ripropone la necessità di una norma che preveda il diritto all'inserimento nella lista suddetta di quanti a suo tempo erano in regola con la presentazione della domanda inoltrata alla Regione Sardegna nell'anno 2013.
  • 4. Approvazione di una riforma della formazione professionale, previo confronto con le parti sociali e le agenzie formative, che valorizzi le professionalità che operano nel settore e che rapporti in forme e modi ancora più forti la formazione alle politiche attive e ai servizi per l'impiego, premiando l'offerta formativa che garantisce i migliori e strutturati riferimenti nel territorio. Questi rappresentano infatti un valore aggiunto per combattere l'improvvisazione, e per garantire al contrario la disponibilità di personale specializzato e con esperienza, mezzi e strutture per supportare al meglio l'orientamento al lavoro, il tutoraggio, le corrette relazioni con le aziende e il territorio, e l'offerta formativa mirata ai bisogni della persona e del mercato del lavoro.

Su tutti questi problemi e proposte è indispensabile una sollecita assunzione di responsabilità della Regione e della politica sarda, anche attraverso nuove norme e atti amministrativi specifici.

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Tabelle RAS - Politiche per il lavoro - Ripartizione risorse finanziarie 2015-2016-2017

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