I segni e le cose, i fatti e la vita

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Copertina del libro Antilesdi Bachisio Bandinu

Mario Medde apre il suo libro Antiles con una introduzione che riflette sul rapporto tra le parole e i fatti, tra i segni e le cose, per dire che la sua scrittura è documento di cose percepite e vissute, affidate poi alla memoria e comunicate attraverso immagini. Si rifà ad alcuni brani del "De Magistro" di Agostino che rinforza con puntuali osservazioni di Wittgenstein per affermare che "il mondo è tutto ciò che accade e che i fatti entrano nella nostra vita prima ancora che si nasca e ci attraversano perché anche noi siamo porte aperte".

Antiles è parola della memoria percettiva ed esistenziale che avvia e conduce il filo del racconto e testimonia la qualità della narrazione, in questo bel libro di Mario Medde (Iskra Edizioni). I disegni, corredo del volume, ne mostrano l'architettura: lastre di pietra nera di basalto che reggevano e adornavano le porte delle case. Antiles dice di uno stile dell'abitare e dell'intimità della casa, ma segna anche l'apertura, la relazione comunicante col paese. Serba in sé il mistero della soglia nella duplice valenza del nascondersi e dal mostrarsi. Ancor più significativamente la soglia si pone come luogo dello sguardo per meditare sul percorso della propria vita. L'autore invita quasi il lettore a vivere l'esperienza della soglia: "Ciascuno di noi ha le sue porte, i suoi antiles e, una volta che valichi, ciò che vedi è la tua vita che sempre ti accompagna".

I titoli dei capitoli ripropongono la simbologia della porta, sa jenna, come l'apertura d'orizzonte della memoria che si fa scrittura intrigante e seducente dei vari momenti della vita. Ed ecco l'infanzia presentarsi con le sue emozioni, con le sue fantasie e i suoi timori in una indovinata rappresentazione dei giochi negli spazi angusti di una piazzetta e nei vicoli. Spazi così intensamente vissuti da mettere in scena una serie di personaggi nel loro aspetto fisionomico, caratteriale e comportamentale in un teatro sociale di grande efficacia.

Che cosa rimane come testimonianza oggettiva di questo universo di memoria dell'infanzia? Rimane l'orologio della cresima che al polso dello scrittore ancora racconta quell'arco di tempo così pieno, eppure soggetto al dissolvimento e alla dimenticanza. L'adolescenza racconta delle prime letture e dell'amore per Pavese e poi l'interesse per la filosofia e le prime simpatie politiche di una formazione cristiana aperta alle problematiche del socialismo.

L'esperienza personale è tutta dentro le questioni sociali che raccontano il dramma dell'emigrazione e dello spopolamento del paese, la crisi del mondo agro-pastorale di una Sardegna arcaica e l'avvento dell'industria petrolchimica con le sue promesse fallite di cui ancora oggi si pagano i costi materiali e umani.

Il libro di Mario Medde non è improntato a un rimpianto del tempo passato, nessuna nostalgia di una vita che è stata dura e combattuta, è piuttosto un modo di interrogarsi sul senso dell'esistenza, sulla ricerca di verità. L'autore lo dice espressamente: "Non ho riportato alla memoria dei semplici ricorsi, ho esposto dei fatti che ho vissuto e altri interiorizzati dalle emozioni... quel che conta veramente è la ricerca incessante della verità interiore". E a rinforzo cita il suo filosofo preferito, Agostino: "In interiore homine habitat veritas". Un libro che si snoda come un percorso esistenziale alla ricerca del senso più profondo della vita e volto all'arricchimento della conoscenza. L'ultima porta è dedicata alla parola, la parola che risuona e che s'incarna nell'ascolto ultimo della nonna: "Seo morinde ma sa limba est semper sana".

La narrazione, priva di ogni orpello, ha uno stile essenziale, asciutto, eppure denso di sentimenti e di ragioni con un continuo richiamo ai valori umani. Antiles ha aperto il libro e lo conclude con un elenco del lessico familiare: una ventina di parole che hanno incarnato gli anni dell'infanzia e della giovinezza, parole che oggi anno perso il loro rapporto stretto con le cose ma che continuano ad arricchire la vita nel confronto con le parole nuove per rinforzare il patrimonio di saperi e di verità.